Riflessioni – Chiesa Cattolica Romana (Parte VII) – Il papato…
Ad oggi non mi ritengo un credente (non ancora almeno…), tuttavia si è ritenuto necessario, per amor di ‘verità’, denunciare come sia stato, nei secoli, falsato, da parte della Chiesa Cattolica Romana, il messaggio evangelico contenuto nelle Sacre Scritture.
*Articolo tratto dal contenuto di miei vecchi scritti (ovvero di oltre vent’anni fa) qui, semplicemente, ricopiato nella parte di interesse.
N.B. I passi biblici riportati nel seguente studio (nel caso non sia indicato diversamente) sono presi dalla traduzione biblica Nuova Riveduta (società biblica di Ginevra). La parola con carattere maiuscoletto: ‘SIGNORE’, nella traduzione biblica Nuova Riveduta, viene usata per indicare il termine ebraico: ‘Yahweh’ (nome di Dio); la parola con carattere normale: ‘Signore’ è, invece, la traduzione letterale del termine ebraico: ‘Adhonai’. Laddove ricorre ‘Adhonai Yahweh’ è riportato (sempre nella versione Nuova Riveduta) con l’espressione ‘il Signore, DIO’ (per evitare la ripetizione).
Nel corso dei secoli il Papa della Chiesa di Roma si è posto gradatamente al di sopra delle altre Chiese e dei governi civili.
Da una parte, il Vescovo di Roma è divenuto, specialmente nel Medioevo, un sovrano di questa terra, mentre il Cristo, di cui si proclamava Vicario, asseriva che il suo regno non era di questo mondo.
Il genio organizzativo di Roma, dopo la distruzione dell’Impero Romano, riapparve questa volta nella Chiesa, creando un’organizzazione sempre più capillare, nella quale il Papa andò via via crescendo in autorità, la quale, inizialmente, invece, apparteneva a tutti i singoli vescovi delle Chiese.
Prima la Chiesa di Roma poi il Papa direttamente sono andati attribuendosi il potere assoluto, inoltre, il Papa è arrivato perfino ad attribuirsi la funzione di Successore di Pietro, di Vicario di Cristo, di Capo della Chiesa, arrivando finanche, a causa di tale presunta prerogativa, al sostegno del dogma dell’infallibilità personale. Ciò che riguardava (non comunque nel senso cattolico) il solo Pietro, nella sua semplice e grande funzione di iniziatore della Chiesa di Cristo, si è, poi, in modo arbitrario, voluto asserire nei confronti dell’innumerevole serie dei suoi fantomatici successori, identificati con il Vescovo di Roma.
Il primato papale, nella Chiesa Cattolica, nasce, inizialmente, come titolo onorifico, ma con il tempo si è trasformato in un primato giuridico e di autorità che tramite la curia romana è arrivato a soffocare l’indipendenza delle varie Chiese locali. La Chiesa Romana attesta che il suo Papa è il Vicario di Cristo e Capo della Chiesa sulla terra in assenza di Cristo, e dichiara l’infallibilità anche di costui nell’emanare dottrine e dogmi di fede. Poi ci si chiede perché esistono tante scissioni e tante religioni cristiane, invece, si dovrebbe capire che la stessa Chiesa di Roma ne è la causa principale e determinante.
Chi crede davvero in Dio segue solo la sua Parola e non accetta in alcun modo le ‘tradizioni’ umane quando queste siano opposte alla volontà di Dio, come avviene nell’ambito della Chiesa Romana. Solo la rivelazione trasmessa dagli apostoli e da Gesù costituisce la vera ‘tradizione cristiana’, per questo Paolo, nonostante Gesù avesse condannato ‘la tradizione degli antichi’ (Marco 7:3-13; Matt. 15:3-9), poteva ordinare: “…state saldi e ritenete gli insegnamenti che vi abbiamo trasmessi sia con la parola, sia con una nostra lettera” (2 Tessalonicesi 2:15). Infatti, la ‘tradizione’ di cui parla Paolo è l’insegnamento che, per rivelazione, egli e gli altri con lui avevano dato ai credenti; chiedeva loro, in pratica, di restare saldi all’insegnamento apostolico ricevuto tempo prima, senza appoggiarsi, invece, alle tradizioni umane.
Analizziamo il passo di Matt. 16:13-20:
Nel Catechismo della Chiesa cattolica al punto 552 si legge: “Nel collegio dei Dodici Simon Pietro occupa il primo posto. Gesù a lui ha affidato una missione unica. Grazie ad una rivelazione concessagli dal Padre, Pietro aveva confessato: <Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente> (Mt. 16,16). Nostro Signore allora gli aveva detto: <Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa> (Mt. 16,18). Cristo, <Pietra viva>, assicura alla sua Chiesa fondata su Pietro la vittoria sulle potenze di morte. Pietro, a causa della fede da lui confessata, resterà la roccia incrollabile della Chiesa. Avrà la missione di custodire la fede nella sua integrità e di confermare i suoi fratelli”.
Al punto 765 si legge: “..Innanzi tutto vi è la scelta dei Dodici con Pietro come loro capo…”.
Al punto 834 si legge: “Le Chiese particolari sono pienamente cattoliche per la comunione con una di loro: la Chiesa di Roma, <che presiede alla carità>. <È sempre stato necessario che ogni Chiesa, cioè i fedeli di ogni luogo, si volgesse alla Chiesa romana in forza del suo sacro primato>. <Infatti, dalla discesa del Verbo Incarnato verso di noi, tutte le Chiese cristiane sparse in ogni luogo hanno ritenuto e ritengono la grande Chiesa che è qui [a Roma] come unica base e fondamento perché, secondo le promesse del Salvatore, le porte degli inferi non hanno mai prevalso su di essa>”.
Al punto 880 si legge: “Cristo istituì i Dodici <sotto la forma di un collegio o di un gruppo stabile, del quale mise a capo Pietro, scelto di mezzo a loro>. <Come san Pietro e gli altri Apostoli costituirono, per istituzione del Signore, un unico collegio apostolico, similmente il Romano Pontefice, Successore di Pietro, e i Vescovi, successori degli apostoli, sono tra loro uniti>”.
Al punto 881 si legge: “Del solo Simone, al quale diede il nome di Pietro, il Signore ha fatto la pietra della sua Chiesa. A lui ne ha affidato le chiavi; l’ha costituito pastore di tutto il gregge. <Ma l’incarico di legare e di sciogliere, che è stato dato a Pietro, risulta essere stato pure concesso al collegio degli Apostoli, uniti col suo capo>. Questo ufficio pastorale di Pietro e degli altri Apostoli costituisce uno dei fondamenti della Chiesa; è continuato dai Vescovi sotto il primato del Papa”.
Al punto 882 si legge: “Il Papa, Vescovo di Roma e Successore di san Pietro, <è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli>. <Infatti il Romano Pontefice, in virtù del suo ufficio di Vicario di Cristo e di Pastore di tutta la Chiesa, ha sulla Chiesa la potestà piena, suprema e universale, che può sempre esercitare liberamente>”.
Il passo della Bibbia chiamato in causa è il seguente: Matteo 16:13-20: “Poi Gesù, giunto nei dintorni di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: <Chi dice la gente che sia il Figlio dell’uomo?>. Essi risposero: <Alcuni dicono Giovanni il battista; altri, Elia; altri, Geremia o uno dei profeti>. Ed egli disse loro: <E voi, chi dite che io sia?>. Simon Pietro rispose: <Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente>. Gesù replicando, disse: <Tu sei beato, Simone, figlio di Giona, perché non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli. E anch’io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell’Ades non la potranno vincere. Io ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che legherai in terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai in terra sarà sciolto nei cieli>. Allora ordinò ai suoi discepoli di non dire a nessuno che egli era il Cristo”.
Iniziamo col dire che la confessione di Cesarea presso i tre vangeli di Matt. 16:13-20; Luca 9:18-21; Marco 8:27-30 non ha nulla a che vedere con quella di Giov. 6:68-71; i contesti sono diversi e i contenuti anche.
Dapprima Gesù lodò la professione di fede di Pietro (Matt. 16:16-18), attribuendola non a deduzioni di puro ragionamento umano, bensì a rivelazione divina; non furono, infatti, la “carne e il sangue”, ovvero la persona umana di Pietro, con le sue facoltà razionali, a scoprire tale realtà, bensì una diretta comunicazione trasmessa interiormente da Dio.
Molto probabilmente per il suo carattere impetuoso ed impulsivo, Pietro, secondo le idee del suo tempo, si aspettava, nel Messia, l’uomo di Dio che avrebbe liberato gli ebrei dai dominatori romani, perciò lui non poteva, spontaneamente, immaginarsi che Gesù, alieno da tali idee, fosse davvero il Cristo atteso; ciò doveva essere frutto di particolare rivelazione divina.
Già prima di quel momento i discepoli avevano affermato che Gesù era il Figliolo di Dio, ma lo avevano fatto sotto l’impulso di fenomeni miracolosi, come la tempesta sedata (Matt. 14:33); la stessa cosa l’avevano già asserita anche i demòni, ma Gesù non volle mai accogliere la loro testimonianza (Matt. 8:29). Ora, invece, è l’apostolo Simone che, a ‘sangue freddo’, senza l’eccitazione di alcun prodigio, afferma, a nome degli apostoli, che Gesù non è un semplice mortale come tutti gli altri (o semplicemente un comune profeta), ma è, invece, il Cristo, il Figliuolo di Dio. Tuttavia, per impedire che gli animi degli ebrei si eccitassero e che gli attribuissero la missione puramente terrena di debellare i dominatori romani, Gesù ordinò agli apostoli di non rivelare ad alcuno la sua vera natura. È quindi naturale che, volendo inculcare la necessità di far propria la fede proclamata da Pietro, per chiunque intenda entrare nella Chiesa, Gesù presenti il Simone confessante come ‘una grossa pietra’ o ‘pietra’ della Chiesa di Cristo (Matt. 16:16-18).
Gesù amava, infatti, concretizzare in persone o situazioni i suoi insegnamenti per evitare, da buon semita e da buon psicologo, ogni idea astratta. Ad esempio, per proclamare l’umiltà e la fedeltà, che si avrebbero dovuti avere nell’accettazione degli insegnamenti divini, Gesù prese un bimbo e avvertì i discepoli di farsi simili ad esso (Matt. 18:1-4); per esaltare la potenza e la veracità del suo insegnamento Egli si proclamò: Via, Verità e Vita (Giov. 14:6). Gesù non ha sempre dinnanzi a sé delle persone o delle cose concrete, le crea, invece, spesso con la sua fantasia, mediante suggestive parabole; così per istruire ed inculcare che occorre credere a Lui come all’inviato dal Padre, Egli dice che bisogna “mangiare la sua carne e bere il suo sangue” (Giov. 6:53).
Matt. 16:18-19; “Con la tua confessione, Simone, sei divenuto una pietra (da fondamenta), che in futuro sarà pronta per essere gettata come fondamenta della mia Chiesa. Su di te (e anche sugli altri apostoli)io la voglio edificare. Tu sarai molto onorato, sarai, infatti, il primo a far conoscere e a legare gli ordinamenti divini nella mia Chiesa, per mezzo dei quali poter far entrare nel regno dei cieli sia i giudei che i gentili”.
Al primo confessore (Pietro), in ordine di tempo, Gesù affida una parte importante e di primo piano nell’edificazione della Chiesa, in quanto, sempre, tutti i credenti dovranno far propria, se vogliono entrare nella famiglia di Dio, la professione di fede compiuta da Pietro. L’aver chiamato l’apostolo Simone con il termine ‘Cefa’ (Pietro) non equivale affatto a renderlo Capo della Chiesa, da sostituire in seguito anche con dei successori al suo governo.
Anche Abraamo era chiamato ‘roccia’ o ‘padre’ dai giudei, ma solo in virtù della sua fede eroica (e anche perché fu con lui che Dio fece il patto perenne); a lui gli ebrei dovevano guardare per riprodurre la stessa fede. Ma con tutto ciò Abraamo non era ritenuto il Capo degli ebrei; i dirigenti d’Israele, giudici o re, non erano i successori del patriarca. Abraamo rimaneva una persona unica, alla quale si doveva guardare come a un magnifico esempio di fede.
L’analisi del passo: “..tu sei Pietro, e su questa pietra..”, compiuta dai ‘Padri della Chiesa’, ci dimostra come non vi sia mai stata un’interpretazione tale, come la intende la Chiesa Cattolica, da vedervi la promessa di un vero primato gerarchico di Pietro e dei suoi fantomatici successori (i Papi); ciò appare a Roma solo intorno al V secolo.
In Oriente primeggia la figura di Origene, oriundo di Alessandria, scrittore di grande talento esegetico, che fondò una vera e propria scuola.
Pur affermando che la Chiesa è edificata su Pietro, nel suo commento al vangelo di Matteo, afferma che chiunque faccia propria la confessione di fede di Pietro ottiene le stesse prerogative dell’apostolo: “Se tu immagini che solo su Pietro è stata fondata la Chiesa, che cosa potresti dire tu di Giovanni, il Figlio del tuono (Boanerges) o di qualsiasi altro apostolo? Chiunque fa sua, la confessione di Pietro può essere chiamato un Pietro”. “Come ogni membro di Cristo si dice cristiano, così per il fatto che Cristo è la <roccia>, ogni cristiano che beve da <quella roccia che ci segue>, deve essere chiamato Pietro. <Rupe> = pietra, è infatti ogni imitatore di Cristo”.
Quindi, egli non vede in queste parole di Matteo l’affermazione del primato di Pietro sugli altri apostoli: Pietro è pari agli altri apostoli, anzi agli stessi cristiani; è solo la sua confessione di fede in Gesù come il Cristo, il Figlio di Dio, che lo rende un ‘Pietro’.
In Occidente il primo scrittore che ricordi il passo di Matteo è Giustino che così scrive: “Uno dei discepoli, che prima si chiamava Simone, conobbe per rivelazione del Padre, che Gesù Cristo è Figlio di Dio. Per questo egli ricevette il nome di Pietro”. Giustino non deduce affatto la superiorità della persona di Pietro sugli altri apostoli, ma afferma solo che, con tale nome, Gesù voleva premiare la confessione di fede professata, per l’appunto, da Simone.
Tertulliano, altro ‘padre della Chiesa’, si rifà al passo biblico in occasione di una diatriba con il vescovo di Roma. Costui (dovrebbe essere Callisto) pare che si appellasse al “tu sei Pietro e su questa pietra” per difendere la propria autorità derivatagli dal fatto che egli era vicino ‘alla tomba di Pietro’, ma Tertulliano, chiaramente, gli ribatté: “Chi sei tu che (in tal modo) sovverti e deformi l’intenzione manifesta del Signore che conferiva tale potere a Pietro?”.
Tertulliano, in accordo con quanto vedremo, attribuisce il potere delle ‘chiavi’ esclusivamente alla persona di Pietro, il quale ebbe agli inizi della Chiesa una missione ben specifica.
I ‘Padri apostolici’ e i ‘Padri della Chiesa’ erano esegeti del II e III sec. d.C.; cristiani della Chiesa, ancora per alcuni versi primitiva, per cui molte loro testimonianze sono, nella storia della cristianità, dopo quella primitiva, quelle più vicine agli insegnamenti apostolici come contenuti, ma anche cronologicamente.
Tertulliano, come abbiamo visto, nega quindi il passaggio di tale privilegio a un qualsiasi successore di Pietro: “tu sei roccioso, perché hai riconosciuto colui che è la vera roccia e l’hai chiamato secondo la scrittura, il Cristo, così che divieni anche tu una roccia, una pietra, sulla quale io ne edificherò delle altre fino a farne il mio edificio, la mia Chiesa”.
Il credente, in un certo qual modo, deve fare sua la professione di fede di Pietro con la stessa convinzione e fiducia.
Eusebio diceva: “Il <primo fondamento> della Chiesa, <è la roccia irremovibile sulla quale essa è stata costruita>: questa pietra è il Cristo”; egli (Eusebio), vissuto alla corte di Costantino, e impressionato dalla fastosa potenza dell’Imperatore, il quale, governando tutto l’Impero, proteggeva la Chiesa, dalla quale era addirittura chiamato vescovo pur non essendo nemmeno battezzato (lo fu solo verso la fine della sua vita), vede nella ‘pietra’ il simbolo del Cristo.
L’unica Chiesa di Dio è diretta e centrata in Cristo che è la ‘roccia’, il fondamento della Chiesa, così come l’Imperatore lo è per il suo Impero. È a Roma che si hanno i primi timidi segni di voler asserire con il passo, in oggetto, di Matteo un primato al vescovo di Roma.
Il primo fu Callisto (217-222) in seguito anche Stefano (254-257), il quale affermava di essere il successore di Pietro e di avere l’autorità di accogliere nella Chiesa anche i battezzati dagli eretici e gli adulteri, in quanto la sua Chiesa era vicino al ‘sepolcro di Pietro’.
Anche secondo Agostino, vescovo di Ippona, non vi è alcun onore in più per la Chiesa di Roma, e tanto meno per il suo vescovo, e non esiste neanche alcun successore di Pietro; questo lo si può rilevare nelle sue ‘ritrattazioni’.
Solo verso il IV e il V secolo a Roma si va sempre più imponendosi l’idea di un primato del vescovo di Roma. L’interpretazione romana godette del suo splendore con il Papa Leone I il Grande, il quale sostenne che Gesù concesse a Pietro il primato della dignità apostolica che passò poi al vescovo di Roma, a cui compete la cura di tutte le Chiese.
In questo periodo si ha la prima chiara manifestazione del primato romano e di quello di Pietro e dei suoi relativi successori; ma Leone I non ha in ciò seguito una tradizione, in quanto prima di lui tale esegesi non era mai stata accolta dalle Chiese. Inoltre, a quei tempi si era in un ambiente nel quale la Chiesa di Roma prima, grazie alle concessioni di Costantino, poi con l’Editto di Tessalonica aveva, man mano, acquistato un potere maggiore sulle altre Chiese avendo, finanche privilegiato i propri vescovi, i quali non cercavano altro che trovare il capro espiatorio per sostenere quei privilegi che, via via nel tempo, si erano andati acquistando.
Col tempo si arriverà sempre più a un allontanamento totale dalla Sacra Scrittura, da parte della Chiesa di Roma, la quale imporrà alle altre Chiese di seguire le sue leggi e dottrine, fino al giorno d’oggi.
Nel passo di Matteo Colui che edifica la Chiesa non è Pietro, ma Cristo; la Chiesa non appartiene a Pietro, ma a Gesù: “..tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa”; si noti pure che la funzione di Pietro è un’attività connessa con l’edificazione della Chiesa, fatto che si avverò una volta soltanto nella storia della cristianità.
Egli è solo ‘una grossa pietra’ (come lo furono gli altri apostoli), la quale fu posta come fondamenta alla base dell’edificio di Cristo per darne ‘solidità’. Una volta poste le fondamenta essa continua la sua crescita in altezza ed è insensato ed inutile riporre altre nuove fondamenta alla sua base, ovvero i successori di Pietro e degli altri apostoli, perché ciò vorrebbe dire demolire l’edificio per ricominciare da capo, ed è appunto ciò che è successo in seno alla Chiesa Romana.
Da parte cattolica, insistendo sul fatto che Pietro viene proclamato ‘grossa pietra’ o ‘pietra’, si vuole andare oltre l’interpretazione, precedentemente asserita, in base al contesto e ai paralleli, per dedurne che Pietro fu allora profetizzato come il futuro Capo supremo della Chiesa e Vicario di Cristo. Va innanzitutto rilevato che il contesto si riferisce a un momento particolare della storia della Chiesa, vale a dire, alla sua fondazione: “Io fonderò la mia chiesa; io edificherò la mia chiesa”; è, dunque, in quel preciso momento che deve svolgersi l’attività di Pietro, nella quale, come vedremo, è esclusa la funzione di Capo e la persistenza di tale ipotetica funzione per tutta la storia della Chiesa attraverso gli ipotetici successori che non sono, e non possono essere, la persona di Pietro.
Tutto l’insegnamento e la storia della Chiesa del N.T. escludono Pietro dall’essere stato Capo della Chiesa e Vicario di Cristo. In tutte le pagine bibliche nuovo-testamentarie il Capo è Cristo, solo ed esclusivamente Lui. È Lui che edifica la Chiesa, non attraverso un Vicario umano, bensì tramite l’attività dello Spirito Santo (1 Corinzi 12:13-28; Efesini 4:11).
Nel simbolismo apocalittico non si sottolinea mai la superiore bellezza di una sola pietra da fondamenta, ma si parla di dodici fondamenta presentate tutte allo stesso modo come le fondamenta della celeste Gerusalemme (Ap. 21:14). Questo è logico, perché Gesù, secondo le Scritture, non è venuto a stabilire dei capi o dei principi, ma solo dei ‘ministri’, dei ‘servitori’ dediti al servizio dei fratelli (Luca 22:24-27).
Contro l’interpretazione cattolica del passo di Matteo sta la discussione degli apostoli che nulla avevano compreso del concetto cristiano del servizio verso il prossimo e che si andavano chiedendo chi mai tra loro fosse il primo, il maggiore (Marco 9:33-35; Luca 22:24-27); questo avviene tempo dopo la fatidica frase detta da Gesù a Pietro, lasciando capire molto bene come in loro non vi fosse la minima idea che Pietro potesse essere stato fatto loro Capo.
Gli apostoli Giacomo e Giovanni, aspirando a tale privilegio di indole ‘carnale’, fanno perfino intervenire la loro madre Salomè per poter ottenere i primi posti nel Regno, segno quindi che essi non riconoscevano già decisa la superiorità di Pietro su di loro: Marco 10:35-45; Matt. 20:20-28. Molti riformatori spiegano il passo di Matteo attestando che la ‘pietra’ sia la confessione di fede fatta da Pietro (in pratica Cristo stesso).
Di solito, però, Gesù ama presentare l’idea concretizzata direttamente in una persona o cosa visibile, nel nostro caso il Simone confessante. Inoltre, l’aggettivo dimostrativo usato dall’evangelista: ‘questa’ mal si applica alla precedente confessione di Pietro, in tal caso sarebbe stato più logico dire: ‘tu sei Pietro, e su quella pietra (la confessione di fede di Pietro) che hai appena confessato edificherò la mia chiesa’, oppure ‘tu sei Pietro, e sulla tua confessione di fede, edificherò la mia chiesa’. C’è da dire, inoltre, che il gioco di parole sul nome di Pietro: “tu sei Pietro e su questa pietra…” sarebbe allora inspiegabile. D’altro canto l’elogio fatto a Pietro, la missione e le ‘chiavi’ a lui conferite, obbligano a ritenere riferite a Pietro anche le precedenti parole: “su questa pietra”. L’aggettivo dimostrativo ‘questa’ si riferisce alla persona di Pietro, poco prima menzionata.
Con le sue parole Gesù intende esaltare non tanto la persona umana di Pietro quanto piuttosto la professione di fede da lui concretizzata. Proprio in quel momento, per la sua fede, egli, benché la Chiesa ancora non esistesse, era già la pietra da fondamenta pronta, solo in futuro però, per sostenere la Chiesa al suo apparire.
Proprio in virtù di questa sua professione di fede, anteriore a quella di tutti gli altri apostoli nella convinzione e determinazione, Pietro sarà scelto a predicare per primo con potenza la buona novella ai giudei e ai gentili, e determinerà (con le chiavi del regno dei cieli), una volta per sempre, gli ordinamenti essenziali per mezzo dei quali entrare nella Chiesa, ovvero il ravvedimento con il conseguente battesimo (‘legato’) e l’eliminazione dell’obbligatorietà della circoncisione (‘sciolto’).
La relazione di alcuni riformatori, i quali cercano di stabilire la parola ‘pietra’ come riferimento alla fede professata dall’apostolo (e quindi a Cristo stesso), anziché alla persona di Pietro, non può essere accolta. Le parole del passo, in oggetto, di Matteo furono rivolte a Pietro e solo a lui; la ‘pietra’ non è la fede confessata dall’apostolo, anche se la fede stessa di Simone ne è stata una causa. Comunque sia, la fondazione della Chiesa di Cristo è un fatto attuatosi una volta sola nel tempo. Infatti, nella costruzione di una casa, le fondamenta vengono poste una volta soltanto e solo al suo inizio. Pietro, nell’edificio della Chiesa, è stato la prima pietra da fondamenta (a parte la pietra angolare da fondamenta che è Cristo Gesù) ad essere cementata per la costruzione e per dare solidità all’edificio.
Egli ha il primato di essere stato il primo, in ordine di tempo, come pietra da fondamenta, non il primo in autorità e supremazia né tanto meno è scritto, da qualche parte, che dovesse avere dei successori. Solo uno studio imparziale e senza preconcetti può far penetrare più a fondo nel messaggio delle Scritture.
È bene sottolineare che, pur riferendo le parole: “..e su questa pietra”, a Pietro, Gesù volle solo presentarlo come portavoce di questa fede. La persona credente di Pietro sarà utilizzata da Cristo l’edificatore come punto di appoggio umano, attraverso il quale dettare i primi essenziali ordinamenti necessari per ogni credente per poter entrare nel ‘regno dei cieli’ (nella Chiesa). Va ricordato che altrove quando non è il Cristo ad essere presentato come l’edificatore, come invece lo è qui in Matt. 16:16-18, bensì gli apostoli, allora il fondamento posto da costoro è lo stesso Cristo e Lui solo (1 Corinzi 3:10-11).
Quando è Dio Padre il costruttore e l’edificatore, il fondamento della Chiesa sono gli apostoli e il Cristo, il quale è la pietra angolare da fondamenta. In questo contesto (Matt. 16:16-18), in cui l’edificatore della Chiesa è il Cristo, l’apostolo Simone viene presentato come pietra di fondamenta (in quell’occasione solo lui, in quanto egli solo in quel momento aveva professato con convinzione e determinazione Gesù come il Cristo, il Figlio di Dio, fede, questa, indispensabile per entrare a far parte della vivente Chiesa di Dio: Matt. 16:16-18; 1 Pietro 2:4-5), in seguito sarebbero state pietre da fondamenta anche gli altri apostoli (ovviamente escluso Giuda).
Abraamo, ad esempio, non fu il Capo del popolo d’Israele e nemmeno venne ritenuto tale da esso; egli per la sua fede fu solo l’antenato, il capostipite del popolo eletto di Dio, inoltre, non ebbe un successore. Anche Pietro, per la sua fede, è il capostipite del popolo cristiano di Dio. Come il popolo ebraico poteva guardare alla fede di Abraamo, imitarlo e seguirne le orme (Romani 4:16-25), così anche il nuovo popolo di Dio può guardare alla fede di Pietro per imitarlo e seguirne gli insegnamenti. L’attività di Pietro riguardò l’essere posizionato, agli inizi, come pietra da fondamenta alla base dell’edificio di Cristo; non v’è in alcun modo il comando nella Bibbia di creare o proclamare dei suoi successori, specialmente in qualità di Capi o Pontefici, cosa che Pietro non fu mai.
Pietro era, innanzitutto, un testimone oculare della vita di Gesù, e lo fu fino alla sua morte, alla sua resurrezione e alla sua ascensione in cielo; i suoi insegnamenti, come quelli degli altri apostoli, hanno un valore essenziale in virtù del fatto che gli apostoli furono testimoni oculari della testimonianza e degli insegnamenti di Gesù, inoltre su di loro scese, potentemente, lo Spirito Santo a Pentecoste, dietro la promessa del Signore che gli avrebbe guidati in tutta la sapienza delle Sacre Scritture e dei suoi insegnamenti per poter insegnare la volontà divina.
Le parole del passo di Matteo, inoltre, furono riferite solo ed esclusivamente alla persona di Pietro. È impossibile creare un nuovo Pietro in ogni epoca e trasferire le parole, proferite direttamente e personalmente da Gesù all’apostolo Simone, il quale professò la sua fede in quella circostanza, a tanti altri fantomatici successori, i quali non sono né la persona di Pietro, né hanno alcunché di somigliante a lui, né possono essere stati nella circostanza nella quale Gesù espresse tali parole. Pietro è la prima pietra della Chiesa in ordine di tempo.
Gesù parlò a lui e a lui solo pose l’elogio, tempo prima che Egli (Gesù) desse inizio alla sua costruzione, al suo edificio (Chiesa). Gesù non poteva, elogiando Pietro per quanto fece in quella circostanza, elogiare assieme a lui tutti i fantomatici Pontefici della storia della Chiesa Romana.
I versetti 7-12 del capitolo 23 di Matteo ci fanno, forse, intendere che Gesù Cristo volesse formare sulla terra un Santo Padre, un Pontefice, un Capo o un Vicario nel suo nome? Certamente no! Il concetto di ‘Capo’, ‘Pontefice’, ‘Papa’, o ‘Santo Padre’ esula dal contesto che parla di ‘fondamento’ e non di autorità, che presenta Gesù come il costruttore e quindi Padrone e Capo della sua Chiesa.
Possiamo formulare un semplice esempio: in una costruzione di un edificio, colui che comanda, colui che decide ogni cosa è il costruttore, l’imprenditore; è stolto, immaginario e fantasioso, pensare che la pietra da fondamenta, posta dal costruttore alla base del suo edificio, possa, per conto proprio, avere qualche potere di decidere o meno della sua collocazione, o della collocazione di altre pietre da fondamenta, o di altre pietre da cementare su di esse e di quant’altro. Il costruttore è il capo assoluto del lavoro e dell’opera del suo edificio ed egli solo sceglie le pietre e come queste debbano essere sistemate e collegate fra di loro nel suo edificio. La parola ‘pietra’ assume valore diverso nei diversi contesti e può anche indicare svariati oggetti. Anche la parola ‘fondamento’ indica il Cristo in 1 Corinzi 3:11 e gli apostoli in Ap. 21:14.
Si usi, dunque, attenzione ai falsi parallelismi. Un passo nella Bibbia spiega un altro, ma solo quando i contesti sono simili. Secondo 1 Pietro 2:4-8, Cristo “pietra vivente”, sprezzata come materia senza valore sulla croce, divenne una pietra preziosa ed eletta che Dio pose all’angolo della base dell’edificio (la Chiesa) come pietra angolare da fondamenta (1 Pietro 2:4-8).
Perciò tale pietra, la quale è stata gettata via ed è diventata così ‘pietra di inciampo’, fa cadere chi in essa inciampa, ovvero chi la rifiuta. Il passo di Efesini 2:20-21 può essere riportato così: “Siete stati edificati sul fondamento degli apostoli-profeti, di cui Cristo Gesù è la pietra angolare (la pietra angolare da fondamenta posta, prima di tutte le altre pietra da fondamenta, alla base dell’edificio e che determina il posizionamento delle altre pietre sia della base -pietre da fondamenta- che dei piani superiori), sulla quale l’edificio costruito cresce e sulla quale anche voi siete stati edificati…”.
Nel passo di Matteo 16:18 è superfluo discutere sulla parola greca ‘Petros’ quando sappiamo da Giov. 1:42 che il nome dato a Simone fu ‘Kefa’ o ‘Cefa’ e che quindi il nome Pietro (o Cefa) va tradotto appunto come ‘grossa pietra’ o semplicemente ‘pietra’. Il passo, allora, va letto così: “…tu sei Cefa (o Kefa)e su questa Cefa (o Kefa)edificherò la mia chiesa”.
Dico questo perché molti riformatori vedono nella parola greca ‘Petros’ l’ipotesi di una volontà da parte dell’evangelista Matteo di dare un significato diverso alla traduzione del termine aramaico ‘Cefa’ (usato da Gesù per Simone e che significa ‘grossa pietra’ o ‘pietra’), ovvero quello di ‘sasso’, anziché di ‘grossa pietra’ o ‘pietra’, per vedere poi nella parola greca ‘petra’ (‘grossa pietra’ o ‘pietra’) la ‘roccia’ Gesù. (I termini greci: ‘Petros’ e ‘petra’ significano, invece, entrambi: ‘pietra’ o ‘grossa pietra’ come, appunto, la parola aramaica ‘Cefa’).
Appare evidente, invece, che Matteo usò l’aggettivo dimostrativo ‘questa’ in riferimento alla pietra personificata dalla persona dell’apostolo Simone; il suo nome era ‘Cefa’ (o ‘Kefa’), per cui, in qualsiasi lingua lo si voglia tradurre, li daremo, correttamente, un nome che sia significato di ‘grossa pietra’ o ‘pietra’. È altresì chiaro che Matteo scrisse il suo vangelo in greco riportando parole, insegnamenti e quant’altro di Gesù che Egli proferì invece in aramaico.
Ciò risulta anche dal nome che Gesù diede all’apostolo Simone, ovvero ‘Cefa’ (Giov. 1:42; Matt. 16:18) e da espressioni tipicamente semitiche come ‘carne e sangue’, ‘chiavi’, ‘legare e scogliere’. Lo stesso Pietro, parlando di se stesso, non esalta una sua propria superiorità sugli altri apostoli, e nemmeno sui presbiteri o anziani, ma si designa pure lui un ‘compresbitero’, pari cioè agli altri anziani nella fede (1 Pietro 5:1); la sua unica ‘superiorità’ consisteva nel poter testimoniare la realtà di quel Cristo, con il quale aveva convissuto. Non è lecito ad uno studioso addurre il solo passo simbolico, e quindi non giuridico di Matteo 16:18, per difendere una dottrina contraddetta chiaramente non solo nello steso passo, ma anche in tutti gli altri passi biblici privi di metafora.
A Pietro dovranno guardare tutti i cristiani, non per divenire sudditi di un Capo (Papa), bensì per ammettere che la salvezza viene dal Cristo, accolto per fede, quale ‘Figlio di Dio’, come Pietro, con convinzione, dichiarò. Pietro, come lo saranno anche gli altri apostoli in seguito (Efesini 2:20), è fondamento solo perché il suo insegnamento presenta il Cristo nella verità del suo messaggio. La missione fondamentale degli apostoli fu quella di fungere da intermediari nel trasmettere le verità, gli insegnamenti e le dottrine del Cristo.
Oggi loro continuano a farlo attraverso i loro scritti ispirati. Nel citato passo di Matteo, dove Pietro viene presentato come un fondamento della Chiesa, è implicito che Gesù stesso ne sia però la pietra angolare da fondamenta che decide i vari posizionamenti delle pietre fondanti e non (Efesini 2:20).
Di solito nel N.T. Gesù è presentato come un ‘sasso’ spregevole agli occhi degli ebrei e, quindi, gettato dagli edificatori come buono a nulla, mentre Dio ne fa ‘la pietra angolare’. Rivolgendomi a coloro che portano avanti l’idea dei riformatori, secondo i quali la parola ‘pietra’ si riferisce a Cristo stesso, rispondo: la parola ‘pietra’ non necessariamente ci fa pensare sempre e in modo esclusivo al Cristo. Pietro e Paolo pongono la parola ‘pietra’ due volte in parallelismo con la parola ‘sasso’ il che prova la intercambiabilità dei due termini (1 Pietro 2:8, Romani 9:33).
Nell’A.T. perfino la parola ‘roccia’ venne spesso a identificarsi con la persona di Abraamo.
Dal solo termine ‘pietra’ non si può, dunque, concludere che nel predetto passo di Matteo essa si riferisca direttamente a Gesù. Di più, il contesto di elogio, che si incentra su Pietro confessore, rende difficile, per non dire impossibile, il cambiamento di soggetto e la presentazione improvvisa di Gesù come fondamento della Chiesa.
Sembra difficile, guardando al contesto e alle leggi grammaticali, pensare che Gesù abbia detto (come dicono questi riformatori): “Tu sei beato, Simone…E anch’io ti dico: tu sei sasso, e su questa roccia edificherò la mia chiesa, e le porte dell’Ades non la potranno vincere. Io ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che legherai…”. Sarebbe poi strano questo ragionamento anche per il fatto che Gesù presenterebbe se stesso come architetto edificatore e, nello stesso tempo, come pietra di fondamenta, creando in questo modo un simbolismo incongruente. Gesù impose a Simone l’epiteto aramaico ‘Cefa’, il cui significato è quello di ‘pietra’ o ‘grossa pietra’.
Nell’originale aramaico, come risulta dal passo di Giovanni 1:42, il gioco di parole era naturale perché in esso si ripeté due volte la stessa parola ‘Cefa’ significante ‘grossa pietra’: “tu sei pietra (Cefa)e su questa pietra (Cefa) edificherò la mia chiesa”. Tale ricostruzione, inoltre, è richiesta dal termine ‘questa’ che ricollega la seconda parola ‘pietra’ (Cefa) alla prima immediatamente precedente. Il termine ‘Cefa’ (o ‘Kefa’) o ‘Petros’ nei riguardi di Simone, almeno all’inizio, non era sentito come nome proprio, bensì come semplice appellativo. Di qui l’espressione: ‘Simon Pietro’, vale a dire ‘Simone la pietra’, ‘Simone il roccioso’.
Più tardi tale appellativo divenne il nome proprio dell’apostolo Simone che, nel territorio di lingua semita o presso gli scrittori semiti (come ad esempio Paolo), fu chiamato prevalentemente con il nome ‘Kefa’ o ‘Cefa’ (Galati 2:9-21), mentre nelle regioni di lingua greca con il nome ‘Pietro’, termine che, come la parola ‘Cefa’, poteva significare allo stesso tempo ‘pietra’ o ‘grossa pietra’.
Quando Matteo compose il suo vangelo in Siria, probabilmente verso l’80 d.C., nel tradurre in greco il detto di Gesù (che fu proferito in aramaico), si trovò costretto ad usare, nella sua prima parte, il vocabolo greco al maschile: ‘Petros’ (Pietro), perché con questo nome l’apostolo era già conosciuto, pur conservando, nella seconda parte, il termine greco al femminile: ‘petra’ (pietra)che meglio si adeguava alla funzione di fondamento per la Chiesa nascente.
Il rapporto d’identità fra i due termini fu però reso evidente, al lettore, dall’uso dell’aggettivo dimostrativo ‘questa’ che obbliga il riferimento alla ‘pietra’, ovvero proprio al Pietro apostolo. In greco la parola aramaica ‘Cefa’, nei riguardi della persona di Simone (nel passo mattaico), fu tradotta: ‘Petros’ nella prima parte (che a differenza dell’aramaico, nel quale il termine ‘Cefa’ presentava esclusivamente il significato di ‘pietra’, ovvero di un oggetto e non era un nome proprio di persona [anche se lo divenne nei riguardi della persona di Pietro], esso [Petros], invece, designava propriamente un nome proprio di persona), in quanto stava ad indicare appunto il termine aramaico ‘Cefa’, il quale era diventato ormai nome proprio dell’apostolo Simone e, quindi, era necessario tradurlo nella sua terminologia al maschile della traduzione greca, appunto ‘Petros’ (nome anch’esso, assieme a quello di ‘Cefa’, oramai conosciuto, nei riguardi dell’apostolo Simone, quando scrive Matteo) che significa ‘Pietro’ e che sarebbe il maschile di ‘pietra’ formulato come nome proprio dell’apostolo.
Matteo riportò, invece, nella seconda parte la traduzione greca al femminile della parola aramaica ‘Cefa’, ovvero ‘petra’, non perché non riguardasse la persona di Pietro (infatti, egli, usa l’aggettivo dimostrativo ‘questa’), ma semplicemente perché dal tempo in cui Gesù aveva riferito il nuovo nome che Simone avrebbe avuto (‘Cefa’), fino al tempo in cui Matteo scrive, questo (il termine ‘Cefa’) era diventato nome proprio dell’apostolo e aveva preso, nella traduzione greca, a differenza dell’aramaico ‘Cefa’, un significato e una formulazione maschile, caratteristiche appunto della parola greca ‘Petros’ che, in realtà, ha lo stesso identico significato della parola greca femminile ‘petra’, tradotta ‘pietra’.
Dopo queste parole Gesù continua ad affidare una missione a Pietro simboleggiata dalle ‘chiavi’, dal ‘legare’ e dallo ‘sciogliere’, termini, questi, che chiariscono il modo con cui Pietro sarebbe stato usato, dal Cristo, agli inizi della Chiesa nascente. Fuori metafora, le parole di Gesù vogliono dire, solamente, che Gesù avrebbe edificato la sua Chiesa utilizzando degli uomini (gli apostoli), tra cui, in prima linea o per primo agli inizi, nel corso degli eventi futuri, il Simone detto Pietro, scelto per questa missione specifica perché per primo egli, sotto l’ispirazione divina, e quindi come profeta di Dio, aveva professato la vera fede nel Cristo come Figliolo di Dio.
La fede è l’unico principio, insieme all’essere stato testimone oculare degli insegnamenti di Gesù, e alla grazia, per la quale il Signore ha scelto i suoi apostoli, che ha reso Pietro e gli altri apostoli fondamenta della Chiesa. Qui Simone esplica una fede nei confronti della Persona di Gesù, ed è per questo che è elogiato dal Signore che gli dice: “Tu sei beato, Simone…”.
È molto interessante conoscere il pensiero di alcuni scrittori cristiani dei primi tre secoli su tale questione; ci troviamo di fronte ad una ‘tradizione’ che di solito fino al quarto secolo è in contrasto con l’attuale dottrina cattolica del Papato. Riporto, nuovamente, gli scritti di due illustri ‘Padri della Chiesa’ riguardo a dei loro commenti sul passo di Matteo.
In realtà, se ne potrebbero trascrivere tanti altri, ma ciò non servirebbe più di tanto visto che qui, in questo preciso punto, interessa solo scoprire quando l’ideologia di un Capo, di un Vicario, sia nata nella Chiesa Cattolica. Parliamo di Origene, scrittore cristiano che visse tra il secondo e terzo secolo.
Ecco cosa scriveva del celebre passo di Matteo: “Se anche noi abbiamo detto come Pietro <Tu sei il Cristo il Figlio dell’Iddio Vivente>, senza che questo ci sia stato rivelato dalla carne e dal sangue, ma dalla luce proveniente dal Padre Celeste e che è brillata nel nostro cuore, noi diveniamo Pietro, e quindi anche a noi potrebbe essere detto dalla Parola <Tu sei Pietro, ecc…>. Infatti è una pietra o roccia ogni discepolo di Cristo, dal quale bevvero quelli che bevvero dalla roccia spirituale che li seguiva, e su ognuna di tali rocce è fondata ogni parola della Chiesa…Ma se supponi che soltanto su Pietro sia costruita tutta la Chiesa di Dio, che diresti di Giovanni il figlio del tuono, e di ognuno degli Apostoli?… Le chiavi del regno dei cieli sono state date solo a Pietro?…Se dunque la promessa <Io ti darò le chiavi del regno dei cieli è stata fatta anche agli altri, non è dunque possibile che tutto ciò che è stato detto prima a Pietro sia stato detto anche a Loro?… Chi imita Cristo riceve il soprannome di <Pietro>”.
Anche secondo Tertulliano, vissuto tra il secondo e terzo secolo, ‘Pietro’ è un nome simbolico dato a Simone, in quanto l’apostolo doveva rappresentare il credente in Cristo che basa la sua vita esclusivamente su Gesù, la pietra o la roccia per eccellenza.
Tertulliano scriveva: “Muta anche a Pietro il nome, da quello di Simone, che aveva, poiché anche il Creatore aveva rifatto i nomi di Abramo, di Sara e di Osea..Ma perché l’ha chiamato Pietro? Se fu per il vigore della fede, molte materie e solide, avrebbero potuto dargli un nome dalla loro sostanza. O non forse perché Cristo è Pietra e Sasso? Se è vero che leggiamo che Egli è stato posto come Sasso d’inciampo e Pietra dello scandalo..Pertanto cercò di comunicare in modo tutto particolare al più caro dei suoi discepoli il suo nome, per mezzo delle sue allegorie..>”.
Tertulliano poi, riguardo al passo di Matteo, dice: “<Su di te, Egli dice, edificherò la mia Chiesa> e <ti darò le chiavi> e <tutto ciò che scioglierai e legherai>…La Chiesa dunque è stata eretta su Pietro stesso, cioè mediante lo stesso Pietro; Pietro stesso usò la chiave; ma quale chiave? Ecco quale chiave: <Uomini d’Israele, ascoltate queste parole! Gesù il Nazareno, Uomo che Dio ha accreditato fra di voi..>, ecc. (Atti 2:22). Pietro stesso, dunque, fu il primo mediante il battesimo di Cristo, a spalancare la porta del regno dei cieli, in cui sono <sciolti> i peccati che erano una volta <legati> e quelli che non sono stati <sciolti> sono <legati> nei confronti della vera salvezza”.
Tertulliano, dunque, pur ritenendo che Cristo abbia costruito la sua Chiesa su Pietro, come iniziatore di essa, vide nell’apostolo solo colui che ebbe per primo il privilegio di essere lo strumento della conversione dei giudei e dei primi pagani. In altre parole, non vide la supremazia di Pietro nei confronti degli altri apostoli; inoltre nelle famose ‘chiavi’ non identificò un potere assoluto conferito da Cristo a Pietro e a dei suoi ipotetici e fantomatici successori. In Matt. 16:19 la facoltà di ‘legare e sciogliere’ è una precisazione del potere delle ‘chiavi del regno dei cieli’; chi possiede queste ‘chiavi’ può anche ‘legare e sciogliere’.
Ora, se a un teologo cattolico dite che dagli scritti del N.T. non risulta affatto che Pietro, presunto primo Papa, abbia mai esercitato un’autorità suprema nella Chiesa e che il famoso passo di Matteo non fu affatto interpretato come lo interpreta oggi la Chiesa Cattolica, e che di un vero e proprio Papato si può incominciare a parlare solo dal V-VI secolo in poi, e se gli dite anche che non vi spiegate come mai ci siano voluti tanti secoli per arrivare alla definizione ufficiale dell’infallibilità papale (1870), se dite tutto questo ad un teologo cattolico egli vi risponderà che nel caso del Papato, come di varie altre dottrine proprie del cattolicesimo romano, questa dottrina era contenuta implicitamente nelle Scritture e che è stata compresa sempre meglio solo nel tempo fino ad arrivare alla sua definizione ufficiale.
Il teologo cattolico dirà anche che le Sacre Scritture non sono l’unica fonte della rivelazione cristiana, ma che c’è anche la tradizione secolare. Torniamo nuovamente ad analizzare il passo di Matteo in questione; siamo obbligati ad accettare il fatto che la Chiesa ha come proprie pietre fondanti non solo Pietro, ma tutti gli apostoli.
È importante notare l’utilizzo della plurisignificante congiunzione greca ‘kai’ che in italiano sarebbe la congiunzione ‘e’; questo ci dà veramente la possibilità di capire che il Signore avrebbe potuto utilizzare altre pietre da fondamenta. Nel passo mattaico ciò non viene escluso, e questo sono obbligati ad ammetterlo anche i teologi cattolici. L’edificio di Cristo, oltre che su Pietro, è stato costruito su altre pietre fondanti (su gli apostoli: Efesini 2:20; Ap. 21:14), le quali proclamarono la medesima verità e il medesimo insegnamento su Cristo, ministero esclusivo affidato a loro per poter avere inizio la costruzione della Chiesa. Pietro sarà il primo a porre gli insegnamenti e le dottrine nuove e perenni per il nuovo edificio, il nuovo patto, la nuova alleanza.
Gli apostoli, incluso naturalmente Pietro, costituiscono le pietre di fondamenta della Chiesa. Questa prospettiva è rafforzata dal fatto che esistono altri passi nelle Sacre Scritture che presentano gli apostoli, e quindi anche Pietro, come fondamenta dell’edificio, quindi come pietre di fondamenta della Chiesa di Cristo. Le pietre di fondamenta sono molte più grosse e pesanti delle altre pietre che andranno semplicemente a essere collegate l’una sulle altre per farne i piani superiori dell’edificio. Gli apostoli (pietre di fondamenta), essendo testimoni oculari della vita e degli insegnamenti di Gesù e pieni di una testimonianza diretta e viva del Signore e destinati proprio da Cristo ad essere, con potenza di Spirito Santo, gli iniziatori della Chiesa, divengono pietre grosse e pesanti da fondamenta, perché sono quelle che rendono con la loro testimonianza ‘solidità all’edificio intero’.
Da queste, su queste, e attraverso queste, le altre pietre viventi (i credenti di ogni epoca) si sono susseguite nella collocazione sull’edificio in crescita. Queste pietre da fondamenta non sono i Capi o i Signori dell’edificio, ma hanno solo il compito ‘di sostenere il peso dell’edificio’, vale a dire la loro potente testimonianza ha dato la base portante all’edificio di Cristo sulla terra (alla Chiesa) creando solidità e i loro scritti ispirati continuano a sostenere l’edificio e a portarne il peso. Essi, infatti, per volontà divina, trascrivendo e insegnando tutto ciò che la testimonianza di Gesù e dello Spirito Santo gli avevano rivelato sono diventati un pesante fondamento di pietra che dà forza all’intera costruzione (Chiesa), per cui, come detto prima riguardo al passo mattaico: “tu sei Pietro e (‘kai’) su questa pietra edificherò la mia chiesa”, la congiunzione ‘e’, in effetti, non esclude le altre pietre di fondamenta; infatti anche gli altri apostoli sono pietre di fondamenta dell’edificio.
Pietro è diventato per primo pietra di fondamenta e ha proclamato, per opera della Spirito Santo, in modo perenne, le direttive principali per mezzo delle quali entrare nel regno dei cieli (la Chiesa), di seguito gli altri apostoli, senza in nulla intaccare quanto detto per volontà di Dio da Pietro, ne hanno completato e ampliato il messaggio divino nei luoghi dove sono andati a evangelizzare e a fondare nuove chiese ponendo così, una volta per sempre, il fondamento dell’edificio, ovvero della Chiesa. Come già detto l’uso e la funzione di ‘kai’ (‘e’) nella lingua greca è estremamente ampio. Il passo: “tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa” non significò che il Signore non avrebbe usato anche gli altri apostoli in questo senso.
CONNESSIONE DEI PASSI DI CESAREA.
L’unico vero successore di Pietro, degli apostoli, e della Chiesa primitiva è il Nuovo Testamento, non il Vescovo Romano. Per chi crede solo la Sacra Scrittura deve rappresentare verità infallibile; essa, difatti, vale sempre e si succede nel corso dei secoli, rimanendo intatta nella forma e nel contenuto; gli uomini iniqui e ignoranti danno, invece, ascolto alle pagane e secolari tradizioni umane, cambiando il senso delle Scritture e conformandole a eretiche ideologie (leggere, ad esempio, Galati 1:6-9).
Gesù non ha affidato il comando ad alcun uomo e, tanto meno, ha voluto creare la Chiesa Romana Pagana. Benché tutti gli apostoli (escluso Giuda)fossero delle pietre da fondamenta per la Chiesa nascitura, Gesù ha voluto, all’inizio di essa, porre i suoi nuovi ordinamenti attraverso la predicazione di Pietro, niente di più.
La Chiesa, pur non essendo del tutto identica al regno dei cieli (al Regno di Dio) ne è però l’anticipazione embrionale imperfetta. Da diverse parole di Gesù risulta che il regno dei cieli, nello stadio presente, non si identifica completamente con quello finale, perché in mezzo al frumento vive ancora la zizzania (Matt. 13:24-30,36-43) e vi si trovano pure dei pesci piccoli accanto a quelli grossi (Matt. 13:47-50). Il medesimo concetto appare nella parabola dell’abito nuziale, per cui chi ne è privo sarà, sì, rimosso, ma solo all’arrivo finale del Re (Matt. 22:11-14); in quella delle vergini stolte e prudenti la separazione delle quali si attuerà solo dopo l’avvento a lungo atteso dello sposo (Matt. 25:1-13). Solo al tempo del giudizio del Signore sulla terra le pecore saranno separate dai capri (Matt.25:31-33).
Questo periodo intermedio, in cui il Regno di Dio non si è ancora dispiegato totalmente e definitivamente, corrisponde appunto al periodo della Chiesa, la quale non sarebbe perciò fuori dalla visuale di Cristo. Occorre aggiungere il nuovo concetto del rifiuto di Israele, affinché il regno possa passare a tutte le nazioni. Di qui l’idea di una nuova costruzione, appartenente a Gesù, inclusa nella frase: “….edificherò la mia chiesa”; Gesù si rivolge ai peccatori, a tutti coloro che dovranno formare un nuovo popolo di Dio, destinato a succedere a quanti l’hanno respinto (il popolo Giudeo in gran parte): Marco 2:17; Matt. 11:28-30; Matt. 21:31-32.
Con la sua morte si attua quindi una nuova alleanza, nella quale i suoi discepoli, riuniti in gruppo, attueranno le promesse di Gesù, perciò la Chiesa che nascerà ufficialmente solo a Pentecoste è già vista in embrione nella selezione, nella scelta dei credenti, come il regno dei cieli futuro. La discesa dello Spirito Santo a Pentecoste segnò la nascita della Chiesa, perché fino a quel momento essa era soltanto prevista: Matt. 16:18.
La Chiesa è un corpo costituito dallo Spirito Santo (1 Corinzi 12:13)e la prima manifestazione di battesimo dello Spirito Santo indica, quindi, l’inizio della Chiesa stessa. In Atti 2:4 non viene dichiarato, esplicitamente, che quello che accadde a Pentecoste fosse il battesimo dello Spirito Santo però Atti 1:4-5,8 lo anticipa e Atti 2:33 e Atti 11:15-16 confermano che questo avvenne nel giorno di Pentecoste. La Chiesa ebbe inizio proprio allora. Anche in Luca 24:49 vi è un riferimento a quanto accadde, poi, il giorno di Pentecoste. Lo Spirito Santo, in quel giorno, per così dire ‘trasferì la sede del suo altissimo ufficio dal cielo sulla terra’ per abitare nella Chiesa, per aiutarla ad adempiere i suoi compiti, e per vivere nei cuori dei credenti (1 Corinzi 3:16; 1 Corinzi 6:19-20). Il verso di Luca dice: “Ed ecco io mando su di voi quello che il Padre mio ha promesso, ma voi rimanete in questa città, finché siate rivestiti di potenza dall’alto” (Luca 24:49).
Anche se i discepoli (come si legge in Giov. 20:21-22)ebbero, in qualche modo, una ricezione dello Spirito Santo prima del giorno di Pentecoste questa fu solo un’anticipazione limitata, e parziale, di conoscenza, comprensione e di potenza. La Chiesa unita, quella rivestita di potenza dall’alto, nacque il giorno di Pentecoste. La scelta dei dodici apostoli, intimamente legati a Gesù, mostrava che il vero Israele della promessa era ormai connesso con questi nuovi capostipiti del nuovo popolo di Dio. La celeste Gerusalemme, la quale scende sulla terra, è circondata da mura che poggiano su dodici fondamenti, cioè su dodici apostoli, e da dodici porte, ovvero i dodici capostipiti delle dodici tribù d’Israele, tre per ogni punto cardinale.
Di conseguenza, la scelta di dodici apostoli, da parte di Gesù, non fa più meraviglia e conferma un’altra volta la sua volontà di formare un nuovo popolo di Dio. Diviene, quindi, naturale che i dodici siano particolarmente collegati, nella loro missione, con il popolo ebraico (dodici erano anche i figli di Giacobbe, capostipiti delle dodici tribù d’Israele). Il numero dodici simboleggiava l’Israele carnale intimamente legato a Dio e al quale era stato promesso il futuro Regno Messianico. Gesù quando vuol far intendere a cosa è simile il regno dei cieli, lo dice in parabola, come quelle prima citate; è facile capire che non parla del regno dei cieli futuro, ma di quello che ne è un anticipo, la Chiesa.
C’è da dire che la confessione di Pietro nei tre sinottici: Marco, Matteo e Luca, non può essere identificata con quella di Giov. 6:68-71, mentre gli altri tre chiaramente parlano dello stesso avvenimento:
Per Marco e Matteo si tratta di Cesarea di Filippo (il luogo della confessione pietrina), una città ricostruita nei primi decenni del primo secolo 4-34 d.C. Tale città giaceva di fatto in un luogo solitario, per cui non vi è motivo di pensare e ritenere che la relazione di Luca narri un episodio diverso da quello narrato da Marco e Matteo.
Gli scrittori ispirati non erano dei semplici copisti riproducenti alla lettera le parole altrui e gli episodi della vita di Gesù; essi conservavano una certa elasticità di espressione, si adeguavano alla cultura dei lettori che intendevano istruire e presentavano i racconti secondo la visuale propria di ciascuno. Luca e Marco, in questo caso, omisero l’elogio di Cristo, perché non lo trovavano nella loro fonte. Di più, tale detto, ora fondamentale e prezioso per la Chiesa Cattolica Romana (Matt. 16:18), non era così importante a quel tempo, per cui poteva benissimo essere omesso dato che nulla avrebbe detto di più di ciò che era già incluso nella confessione di Pietro in Matt.16:16-18 (l’onore spettante a Pietro, per quanto riguardava l’essere il primo uomo a predicare con potenza e a dare inizio agli ordinamenti della Chiesa, non fu ritenuto fondamentale dagli altri scrittori ispirati, in quanto lo scritto era concentrato più sulla Persona di Cristo che di Pietro; Cristo era fondamentale nel passo che Marco e Luca scrivevano e potevano, dunque, omettere quello che era secondario).
Ad ogni modo, non interessa sapere quando Gesù abbia pronunciato tale detto quel che più conta è il contesto nel quale è stato inserito da Matteo, e dal quale esso riceve la sua luce interpretativa. In tal modo è possibile vedere quale significato la Chiesa primitiva abbia dato al detto di Gesù. Infatti, gli evangelisti Matteo, Marco, e Luca tali passi li scrissero molto tempo dopo la nascita della Chiesa e se Pietro fosse diventato il Capo, gli altri due scrittori (Marco e Luca) non avrebbero potuto, nel raccontare lo stesso avvenimento narrato da Matteo, omettere un passo chiave simile (soprattutto Marco, il quale era discepolo di Pietro, non poteva non essere stato a conoscenza di tale primato del suo insegnante e, se così, non avrebbe potuto non inserirlo). Questo vuol dire che tale primato di Pietro non esisteva, tanto da portare i due scrittori Marco e Luca a omettere tutto ciò, non essendone minimamente a conoscenza, perché la pratica di vita cristiana non aveva mai dato spunti del genere nei riguardi della persona di Pietro.
Come può essere che se Pietro è stato Capo della Chiesa tutto il N.T. non accenni ad alcunché a riguardo? Il libro degli Atti parla e racconta di com’era la Chiesa degli inizi, ma nulla è detto riguardo ad una supremazia nei riguardi della persona di Pietro. Potremmo noi, oggi, parlando della Chiesa Romana e della sua storia, non menzionare mai la figura di uno dei tantissimi Papi cattolici? Non credo proprio!
I VERSI BIBLICI CHE CONTRADDICONO IL PAPATO
Gesù diede l’appellativo di ‘Cefa’, vocabolo aramaico, all’apostolo Simone, ma in quale occasione? Risulta chiaro che tale epiteto gli venne imposto da Gesù dopo l’elogio della sua professione di fede. In Giov. 1:42 si preannunziava tale appellativo per un tempo futuro indeterminato; nonostante l’affermazione di Marco 3:16: “..Simone, al quale mise nome Pietro” tale appellativo gli fu imposto non alla sua vocazione come apostolo, bensì nel momento in cui Simone confessò la messianicità di Gesù: Matt. 16:18.
Il primo contatto di Pietro con il Maestro avvenne poco dopo il battesimo di Gesù, pare di buon mattino; in quell’attimo il Maestro, con i suoi occhi penetranti e la sua scienza perfetta, scrutò ben presto Simone, così come farà quando avvertirà nell’apostolo il triplice rinnegamento.
In quell’occasione (Giov. 1:42) gli preannunciò il suo futuro cambiamento di nome con la frase: “…Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; tu sarai chiamato Cefa…” (Giov. 1:42). Il cambiamento effettivo di nome avvenne quando poi Simone confessò Gesù come il Cristo: Matt.16:16-18. Da notare le parole dette dall’evangelista Giovanni (Giov.1:42) prima di ciò: “e lo condusse da Gesù. Gesù lo guardo e disse…”; è in questo momento che Gesù scrutando l’apostolo Simone gli profetizza che sarebbe in futuro stato chiamato Pietro, nome che Gesù stesso avrebbe in seguito imposto, al momento opportuno, a Simone (Matt. 16:18).
Perché mai Simone meritò il soprannome di Pietro, in Matteo 16:18? Dal contesto vediamo che ciò fu dovuto alla professione di fede attuata poco prima dall’apostolo. Per questa confessione di fede, nella missione di Gesù, Simone partecipava già alla potenza e grandezza di Cristo meritando così di essere chiamato ‘pietra’, la prima in ordine di tempo di una serie di altre pietre fondanti, sulle quali si sarebbe poggiato il futuro edificio della Chiesa.
Perciò l’epiteto ‘Cefa’ (Pietro),nell’intento di Gesù, era solo un mezzo per esaltare l’importanza della sua professione di fede. Dopo l’elogio della sua confessione di fede, Gesù impone all’apostolo l’epiteto di ‘Cefa’ (Pietro)dicendo: “E anch’io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa…”.
L’espressione: “E anch’io” o “io pure” mette le parole di Gesù in un necessario rapporto logico con la precedente confessione pietrina: “siccome tu hai chiamato me, il Cristo, il Figlio di Dio, palesando così la mia vera natura, anch’io ti annuncio qualcosa: il tuo nome nuovo che da ora in avanti sarà Pietro e non più Simone”.
Secondo la concezione ebraica, chi riceveva il nome nuovo, da un altro, diveniva sottoposto all’altro ed entrava in una particolare relazione con lui. I tre discepoli più intimi di Gesù sono appunto coloro che ricevettero dal Cristo un nome nuovo: Simone fu chiamato ‘Cefa’ (Pietro), Giacomo e Giovanni furono chiamati ‘Boanerges’ (figli del tuono).
Per gli ebrei il nome non era un ‘accessorio’ dell’individuo, ma ne esprimeva l’ultima essenza. I figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, per la loro impetuosità, pronti a scagliare anatemi a destra e a sinistra, furono chiamati appunto ‘figli del tuono’: Marco 3:16-17; Luca 9:49-56. Abramo si vide mutato il nome in Abraamo, perché sarebbe stato costituito da Dio “padre di una moltitudine di nazioni” (Genesi 17:5), con ciò però non vi sono stati successori di Abraamo. Giacobbe fu chiamato ‘Israele’, perché vinse “la lotta con Dio e con gli uomini” e divenne così il capostipite del popolo eletto (Genesi 32:28). Gesù ebbe tale nome, perché sarebbe stato Colui che avrebbe salvato il popolo ebraico (Matt. 1:21). Simone fu chiamato ‘Cefa’, perché doveva essere una pietra da fondamenta della Chiesa nascente.
Pietro aveva un fratello di nome Andrea ed era già sposato quando conobbe Gesù, e teneva sua suocera con sé: Matt. 8:14. Lasciata, temporaneamente, la moglie per seguire Gesù più da vicino (Luca 18:28-29) la riprese più tardi e la condusse con sé nei suoi viaggi missionari. Pietro, Giacomo e Giovanni formarono il cerchio delle persone più intime di Gesù, come appare dal passo che racconta la resurrezione della figlia di Iairo (Marco 5:37), e da quello che racconta la trasfigurazione di Gesù (Marco 9:2); sul monte degli ulivi chiesero a Gesù quando si sarebbe avverata la distruzione di Gerusalemme (Marco 13:3); essi furono vicini al Maestro anche durante la preghiera nell’orto del Getsemani (Marco 14:33). Questi furono anche i tre apostoli ai quali Gesù pose il nome nuovo. Pietro, per il suo carattere ardente e impetuoso, era il naturale trascinatore degli altri apostoli.
I vangeli lo presentano spesso quale ‘portavoce’ degli altri apostoli, per cui spesso Pietro risponde a nome degli altri, come, ad esempio, in Matt. 16:14-19. A Cafarnao, dopo la moltiplicazione dei pani, alla domanda di Gesù se anche loro (i dodici) se ne volevano andare, Pietro risponde a nome di tutti: Giov. 6:68.
Quando Pietro confessò Gesù come il Cristo, il Figliolo di Dio, non è però detto che egli comprendesse tutte le implicazioni teologiche incluse nella sua confessione. Sarà lo Spirito Santo, secondo le Sacre Scritture, che successivamente conferirà agli apostoli la visione completa del Cristo, quale Messia spirituale e Figlio di Dio.
I teologi cattolici danno un enorme risalto a questi interventi particolari di Pietro, come portavoce, per dedurne che egli era il Capo del collegio apostolico. Se tale fenomeno avesse avuto inizio solo dopo il “tu sei Pietro e…” potremmo forse avere qualche ‘dubbio’, ma il fatto che esso sussista sempre, anche prima dell’elogio di Gesù, vieta di interpretarlo come prova della sua missione di Capo e Vicario di Cristo; tali fatti provano solo il carattere dinamico e forte dell’apostolo, il quale possedeva eminenti doti di iniziativa personale e di entusiasmo propulsore. Inoltre, vediamo come anche dopo l’elogio di Gesù fatto a Pietro, gli apostoli discutono fra loro su chi potesse essere il più grande o il capo, ma Gesù risponde con fermezza che fra di loro nessuno sarebbe stato o dovuto essere maggiore o superiore.
Anche nel suo lavoro di pescatore, fra i suoi soci (Andrea, Giacomo e Giovanni), egli, forse per un’età più matura, ma, certamente, anche per il carattere forte, godeva di un certo rispetto indiscusso tra gli stessi Zebedei che sono detti “soci di Simone” (Luca 5:10). Tali episodi provano che Pietro avesse un’innata attitudine al comando, ma non provano assolutamente la sua superiorità fra gli apostoli o che lui ne fosse il Capo, come vedremo più avanti. Il passo di Marco 3:16 vuole semplicemente identificare l’apostolo Simone con colui che era, ormai al tempo in cui Marco scriveva, meglio noto come Cefa/Pietro. Anche Giacomo e Giovanni ricevettero un soprannome: ‘Boanerges'(Marco 3:17), benché tale epiteto sia stato imposto loro in un’altra circostanza posteriore al passo evangelico di Marco 3:17.
Tutte le attività umane sono gestite da un Capo o, comunque, da qualcuno di autorità che le amministra. Il mondo è pieno di governi con i loro Capi a reggerli, di istituzioni umane organizzate con gerarchie per avere l’autorità sugli altri.
Nella Chiesa di Dio, che non è un’istituzione umana, pensate che, secondo le Sacre Scritture, valga la stessa cosa? No, di certo! È lo stesso Signore Gesù ad averlo stabilito: Marco 10:42-44 “Ma Gesù, chiamateli a sé, disse loro: <Voi sapete che quelli che sono reputati principi delle nazioni le signoreggiano e che i loro grandi le sottomettono al loro dominio. Ma non è così tra di voi; anzi, chiunque vorrà essere grande fra voi, sarà vostro servitore; e chiunque tra di voi, vorrà essere primo sarà servo di tutti>”.
Fra gli apostoli non vi era alcun Capo, ma essi amministravano la Chiesa avendo tutti voce in capitolo. Atti 15:22-25: “Allora parve bene agli apostoli e agli anziani, con tutta la chiesa, di scegliere tra di loro alcuni uomini da mandare ad Antiochia con Paolo e Barnaba: Giuda, detto Barsabba, e Sila, uomini autorevoli tra i fratelli. E consegnarono loro questa lettera: <I fratelli apostoli e gli anziani, ai fratelli di Antiochia, di Siria e di Cilicia, che provengono dal paganesimo, salute. Abbiamo saputo che alcuni fra noi, partiti senza alcun mandato da parte nostra, vi hanno turbato con i loro discorsi, sconvolgendo le anime vostre. È parso bene a noi, riuniti di comune accordo, di scegliere degli uomini e di mandarveli insieme ai nostri cari Barnaba e Paolo>”.
Da questo passo risulta chiaro che gli apostoli agivano di comune accordo, senza che alcuno avesse il comando o l’autorità sugli altri (Marco 10:42-45; ecc.). È evidente, qui, che non vi era alcun Capo; questi versetti forse farebbero intendere che ci fosse il primato di Pietro sugli altri apostoli come avviene oggi con il Sommo Pontefice? No, di certo! E in qualche modo lo farebbero, invece, intendere i versetti 18 e 19, del capitolo 16 di Matteo? Nemmeno!
Un altro esempio è in questo passo: Atti 8:14. Qui la Scrittura dice che gli apostoli “mandarono in Samaria Pietro e Giovanni…”; dov’è il primato di Pietro e la sua autorità sugli altri? Un Papa, un Capo, non è mandato da nessuno, ma è egli che manda. Poco dopo la scena descritta dall’evangelista in Matt. 16:18, in Matt. 18:1-4 gli apostoli discutono tra di loro per sapere chi fosse il maggiore, il che sarebbe strano se Gesù avesse già stabilito Pietro come Capo.
Gesù, invece di indicare Pietro, afferma che fra di loro non vi deve essere alcuno maggiore degli altri.
Colossesi 1:18: “Egli (Cristo)è il capo del corpo, cioè della chiesa; è lui il principio, il primogenito dai morti, affinché in ogni cosa abbia il primato”.
Colossesi 2:8-10: “Guardate che nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vani raggiri secondo la tradizione degli uomini e gli elementi del mondo e non secondo Cristo; perché in lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità; e voi avete tutto pienamente in lui, che è il capo di ogni principato e di ogni potenza”.
Efesini 1:22-23: “Ogni cosa egli (Dio Padre) ha posta sotto i suoi piedi (Gesù)e lo ha dato per capo supremo alla chiesa, che è il corpo di lui, il compimento di colui che porta a compimento ogni cosa in tutti”.
Isaia 28:16: “Perciò così parla il Signore, DIO: <Ecco, io ho posto come fondamento in Sion una pietra, una pietra provata, una pietra angolare preziosa, un fondamento solido; chi confiderà in essa non avrà fretta di fuggire>”.
In Atti 4:11-12 Pietro dichiara: “Egli (Gesù)è <la pietra che è stata da voi costruttori rifiutata, ed è divenuta la pietra angolare>. In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati”.
In 1 Pietro 2:4-8 Pietro afferma: “Accostandovi a lui (Gesù), pietra vivente, rifiutata dagli uomini, ma davanti a Dio scelta e preziosa, anche voi, come pietre viventi, siete edificati per formare una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo. Infatti si legge nella Scrittura: <Ecco, io pongo in Sion una pietra angolare, scelta, preziosa e chiunque crede in essa non resterà confuso>. Per voi dunque che credete essa è preziosa; ma per gli increduli <la pietra che i costruttori hanno rigettata è diventata la pietra angolare, pietra d’inciampo e sasso di ostacolo>. Essi, essendo disubbidienti, inciampano nella parola; e a questo sono stati anche destinati”.
Paolo nella sua lettera agli efesini c. 2:19-21 dice: “…ma siete concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio. Siete stati edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare, sulla quale l’edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando per essere un tempio santo nel Signore”.
Notate come Paolo fa capire che l’edificio intero poggia, nella completezza di ogni cosa, sulla pietra angolare (Gesù) e non riceve la sua solidità per azione diretta dalle pietre fondamenta (apostoli), ma dalla pietra angolare (Gesù). L’azione delle pietre da fondamenta è indiretta, non diretta come quella della pietra angolare.
Paolo in 1 Corinzi 3:11 dice: “poiché nessuno può porre altro fondamento oltre a quello già posto, cioè Cristo Gesù”. Gesù è il Capo della sua Chiesa, cioè del popolo credente.
La Chiesa di Gesù è quella assemblea universale di veri credenti che ha come Capo il Cristo, il Figliolo di Dio, e che mette in pratica i suoi insegnamenti, ed è anche la sua promessa sposa. Questa Chiesa non è un edificio fatto di marmo e pietre scolpite, ma è fatta di individui, di credenti rigenerati, sparsi in tutto il mondo, con la sana ansia e la gioia immensa nell’aspettare la sua prossima venuta, come farebbe una donna che aspetta il suo promesso sposo, il quale tarda a venire per maritarla.
Quando gli apostoli e gli altri anziani si riunirono nel Concilio della Chiesa a Gerusalemme non appare che questo (il Concilio) sia presieduto da Pietro, bensì da Giacomo, e le decisioni del consiglio vengono annunziate alle chiese non nel nome di Pietro, ma nel nome di tutti gli apostoli e i fratelli anziani (Atti c. 15).
Nella lettera agli efesini c. 4:11 l’apostolo Paolo scrive: “È lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori”. In questo versetto (Efesini 4:11)in cui vengono elencati i vari ministeri nella Chiesa, compreso quello dell’apostolato, non si fa menzione al ministero o all’ufficio del Papato. Nemmeno un accenno!
Paolo non avrebbe esitato ad elencarlo, perché sarebbe stato l’ordine ministeriale più importante. Leggiamo anche 1 Corinzi 12:28, Paolo dice: “E Dio ha posto nella chiesa in primo luogo degli apostoli, in secondo luogo dei profeti, in terzo luogo dei dottori, poi miracoli, poi doni di guarigioni, assistenze, doni di governo, diversità di lingue”.
Dov’è finito il ministero del Papato? Vediamo che al primo posto vi sono gli apostoli, poi tutti gli altri, ma il Papa dov’è? C’è da aggiungere anche che i fratelli credenti ‘comuni’ non sono, nella dignità, inferiori a coloro che hanno il ministero di apostoli, questi ultimi sono solo incaricati di un ministero più importante e che li impegna più esclusivamente, ma tutti, senza esclusione, sono pietre viventi dell’edificio della Chiesa, ovvero membra del corpo di Cristo.
Nessun membro del corpo celeste di Cristo può ritenersi superiore a un altro, perché il Capo assoluto è Cristo e tutti i veri credenti sono suoi servitori. Dopo l’ascensione di Gesù, gli apostoli vogliono nominare un altro apostolo per sostituire Giuda Iscariota (che si era suicidato dopo aver tradito Gesù) e, invece, di rimettersi al giudizio di Pietro, come avrebbero dovuto fare se Pietro fosse stato il loro Capo, tirano a sorte. E, come se non bastasse, non è neppure Pietro che suggerisce i due nomi preposti: Atti 1:23-26.
In 2 Corinzi 1:24 Paolo dice: “Noi non signoreggiamo sulla vostra fede, ma siamo collaboratori della vostra gioia, perché nella fede già state saldi”. Paolo quindi esclude di voler esercitare un magistero di potere sulle coscienze dei credenti.
In Matt. 16:23 si legge: “Ma Gesù, voltatosi disse a Pietro: <Vattene via da me, Satana! Tu mi sei di scandalo. Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini>”.
È inverosimile l’investitura di Pietro a Capo degli apostoli, in quanto nello stesso contesto, subito dopo il “tu sei Pietro…”, secondo lo schema letterale dell’evangelista Matteo, Gesù si rivolge a lui in quei termini poco gratificanti. È chiaro che, mentre prima Gesù ha esaltato la confessione di fede di Pietro, ponendolo nella visuale di una pietra di fondamenta per l’edificio della sua Chiesa, ora, vedendo vincere nell’apostolo la carnalità, il pensiero umano, anziché quello divino (in Matt. 16:16-18 Pietro era stato ispirato dallo Spirito di Dio, qui, invece, da Satana), lo ammonisce rivelandogli come il suo ragionamento non poteva rientrare nel senso delle cose di Dio.
Da queste parole di Gesù si può intendere, in modo implicito, come nessun uomo, il quale è fallibile (nessuno escluso), possa essere un Capo della sua Chiesa, prima perché Egli solo ne è il Capo, secondo perché l’uomo si dimostra, spesso e volentieri, errante e posseduto da pensieri umani più che spirituali.
Nel N.T. vi sono due lettere scritte da Pietro in cui egli non fa mai il minimo accenno al suo ipotetico primato nella Chiesa, anzi, in Atti 4:11-12, ci fa sapere che Gesù Cristo è la pietra angolare e fondamentale della Chiesa. È da notare, inoltre, che solo nel vangelo di Matteo (c. 16:13-20) si parla del “tu sei Pietro e su questa pietra”, difatti, Marco e Luca, pur narrando la medesima circostanza del passo mattaico, non ne fanno alcun accenno (Luca 9:18-21; Marco 8:27-30) e Giovanni nel suo vangelo non accenna neppure all’avvenimento.
Questo sarebbe molto strano vista l’importanza che i teologi cattolici danno a questo versetto come rivelazione, da parte di Cristo, del Papato. Gli altri evangelisti, i quali, al tempo in cui scrissero, sarebbero dovuti ben essere a conoscenza del primato di Pietro, del suo ufficio Supremo, non avrebbero (Luca e Marco), per uno strano motivo e una strana coincidenza, narrando l’avvenimento di Cesarea, parlato dell’investitura di Pietro come Capo, ovvero: “tu sei Pietro e su questa pietra…”.
È evidente che Marco, Luca, Giovanni e Matteo alle parole di Gesù non avevano attribuito l’interpretazione della Chiesa Romana, altrimenti si sarebbero ben guardati dal dimenticare (Luca, Giovanni e Marco) parole così importanti per la rivelazione di un Capo della Chiesa o di un Vicario di Cristo sulla terra (Papa). Pietro non è mai stato nominato Vicario di Cristo, infatti, se lo fosse stato, se ne troverebbe almeno qualche traccia o allusione nel libro degli Atti degli apostoli o nelle lettere del N.T., ma questo non avviene mai.
Non risulta, neppure una volta, che Pietro abbia esercitato un’autorità di comando sugli altri apostoli nella Chiesa (nemmeno una sola volta…).
Atti 10:25-26: “Mentre Pietro entrava, Cornelio, andandogli incontro, si inginocchiò davanti a lui. Ma Pietro lo rialzò, dicendo: <Alzati, anch’io sono uomo>”.
È interessante leggere questi versetti di Galati 2:11-14 (qui scrive Paolo): “Ma quando Cefa (Pietro)venne ad Antiochia, gli resistei in faccia perché era da condannare. Infatti, prima che fossero venuti alcuni da parte di Giacomo, egli mangiava con persone non giudaiche; ma quando quelli furono arrivati, cominciò a ritirarsi e a separarsi per timore dei circoncisi. E anche gli altri Giudei si misero a simulare con lui; a tal punto che perfino Barnaba fu trascinato dalla loro ipocrisia. Ma quando vidi che non camminavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: <Se tu, che sei giudeo, vivi alla maniera degli stranieri e non dei Giudei, come mai costringi gli stranieri a vivere come i Giudei?>”.
Notiamo come, anche qui, Pietro non sia considerato come un Capo, un Pontefice, visto l’atteggiamento ‘aggressivo’ e di ‘giudizio e condanna’ di Paolo nei suoi confronti, né tantomeno questi lo ritiene ‘infallibile’.
Nell’anno 1870 la Chiesa Romana tocca il colmo dell’apostasia. Papa Pio IX stabilì il dogma dell’infallibilità papale, quando, invece, apprendiamo nel passo di Galati che persino Pietro, l’apostolo testimone della vita, morte, risurrezione e ascensione del Cristo, non fu infallibile, tanto meno possono esserlo stati (ed essere) i suoi fantomatici successori (Papi). Leggere anche Matt. 16:23.
Nessun uomo è degno di ‘Sua Santità’, ‘Santo Padre’, ‘Papa’, ‘Pontefice Massimo’, ecc., inoltre se Cristo avesse bisogno di un Vicario, di un Capo, il quale faccia le sue veci sulla terra, significherebbe che Egli è, in qualche modo, del tutto assente o nell’impossibilità di agire direttamente nella sua Chiesa. Invece, Gesù, secondo le Scritture, è sempre presente nella sua Chiesa, nel suo corpo, nel suo popolo credente sparso in tutto il mondo; Egli lo guida con lo Spirito Santo, il Consolatore.
Per quanto riguarda la presenza di Gesù e dello Spirito Santo nella Chiesa si leggano: Giov. 14:15-19; Matt. 18:20. Pietro stesso ha definito tutti i credenti come tante pietre viventi che entrando nella struttura dell’edificio di Cristo formano una casa spirituale (1 Pietro 2:5).
Di queste pietre viventi l’apostolo Pietro è stato storicamente la prima, perché per primo riconobbe in Gesù, con decisione e fermezza, il Cristo atteso, il Figlio di Dio. Inoltre, la sua confessione di fede non costituisce alcun merito personale, perché essa stessa gli fu suscitata e rivelata dal Padre Eterno: “perché non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli” (Matt.16:17).
Infatti poco dopo aver esaltato in Pietro la rivelazione del Padre e aver onorato la parte spirituale di Simone, chiamandolo col nome nuovo di Pietro, nel v. 23, dello stesso capitolo 16 di Matteo, Gesù disonora Pietro mettendo in risalto la sua natura carnale e umana. Gesù ha, in pratica, voluto onorare solo la parte spirituale di Pietro. Con questo nuovo nome (cioè Pietro), Gesù non lo fa Capo degli altri apostoli. Leggere anche Luca 9:18-21; c. 9:46-48; Matt. 16:22-23; c. 18:1-4; Marco 8:27-30; c. 9:33-37.
Se Pietro ha un primato, questo, è quello di essere stato il primo a riconoscere Gesù con forza e convinzione come il Cristo Divino, e di essere così diventato storicamente il primo vero credente, perché credente di Gesù come il Cristo di Dio, quindi cristiano e, inoltre, diviene pietra da fondamenta, perché allineatasi alla base dell’edifico futuro in connessione con la pietra angolare da fondamenta (Cristo Gesù).
La ‘pietra’, Pietro, è stata già cementata e altre ve ne sono state cementate sopra di essa da quel tempo; oggi l’edificio di Cristo si è innalzato in altezza e quindi si possono solo aggiungere pietre viventi come continuazione dei piani superiori di questo edificio.
Non si possono più porre nuove pietre da fondamenta da allineare alla base dell’edificio in connessione con la pietra angolare da fondamenta (Cristo), perché ciò vorrebbe dire demolire, ogni qualvolta si pretenda di presentare un nuovo Pietro (un suo successore), l’edificio intero per riporre, nuovamente, le fondamenta. Ecco un altro motivo decisivo per cui non possono, in alcun modo, esserci altri successori di Pietro (pietre da fondamenta), in quanto le fondamenta sono state poste una volta per sempre alla base dell’edificio, allineate in una connessione eterna alla pietra angolare (Cristo Gesù). Pietro, avvicinatosi con la sua confessione di fede alla pietra angolare da fondamenta (Cristo), divenne anch’egli, per azione diretta, una pietra da fondamenta, pronta a suo tempo per essere gettata alla base su cui doveva poggiare l’edificio intero (la Chiesa).
L’apostolo Simone poté essere una pietra da fondamenta, solo ed esclusivamente, perché egli fu testimone vivente della vita e degli insegnamenti di Gesù (per azione diretta), oltre ad essere stato scelto, personalmente e direttamente, per questo, da Dio. Tutto questo rende impossibile, in modo assoluto, che un uomo (Papa cattolico) possa pretendere di rivestire il ruolo che ebbe Pietro e, in più, associare alla sua persona onori, privilegi, e potestà che perfino Pietro non ebbe mai. Il Papa non è successore di Pietro.
L’apostolo Simone non fu mai Papa e nemmeno cattolico romano, oltre al fatto che ai suoi tempi il cattolicesimo romano non era ancora nato. Prima di convertirsi egli era un pescatore ed era sposato (Marco 1:29-31; Luca 4:38-39; Matt. 8:14-15). La parola ‘Papa’ non si trova nella Bibbia; il titolo di ‘Papa’, cioè Vescovo Universale, o Padre Universale, fu rifiutato da molti vescovi, nei primi secoli della Chiesa e fu dato ufficialmente al Vescovo di Roma dall’empio Imperatore Foca nell’anno 607 per ragioni politiche. Gesù, secondo le Sacre Scritture, è il Capo della Chiesa, lo Spirito Santo è la guida, e la Bibbia l’unica norma di fede e di pratica.
La Chiesa di Cristo è composta esclusivamente da credenti nati di nuovo per la conversione a Cristo Gesù, battezzati con ravvedimento e con la piena coscienza di vivere con e per Cristo. Gesù non ordinò sacerdoti per la sua Chies figuriamoci poi un ‘Santo Padre’, un ‘Vicario’ di Cristo (Ebrei 7:21-28; Ebrei c.8; Ebrei c.9; Ebrei 10:11-18); Gesù, secondo le Scritture, è il Sommo Sacerdote che sussiste in eterno ed è potente tanto da poter, in ogni tempo, soccorrere e salvare. Nell’A.T., prima della Chiesa di Cristo, nella religione ebraica vi era il sommo sacerdote, ma venuto Cristo Egli stesso è diventato l’unico e vero Sommo Sacerdote Vivente in eterno. Mentre quegli uomini dovevano sempre essere succeduti ed erano e rimanevano comunque dei peccatori, oggi i veri credenti hanno un Sommo Sacerdote senza peccato, che vive in eterno, che può redimere dai peccati, e che può salvare. Egli è Dio ed è anche l’unico che può intercedere sempre presso il Padre celeste: 1 Timoteo 2:5-7. Leggere 1 Timoteo 3:1-13; 1 Timoteo 4:1-10; Tito 1:5-6; 1 Corinzi 9:5. Il divieto di sposarsi per i vescovi (anziani o presbiteri) e gli apostoli non è biblico. Notate come il verso 3 del capitolo 4 di 1 Timoteo contiene una profezia ben specifica che si sarebbe verificata nel seno della Chiesa Cattolica Romana.
I nomi ‘Santità’, ‘Santo Padre’ fanno parte esclusivamente della persona di Dio (leggere Isaia 6:3); pretendere di chiamare e designare una creatura umana con tale onore e titolo è una cosa iniqua. L’uomo è per natura un peccatore, non può avere un tale onore. Pensate un po’ ai Papi del Medioevo, durante l’Inquisizione e le Crociate, avreste, ‘voi’, chiamato tali individui ‘Santo Padre’, ‘Sua Santità’?
Matt. 23:1-12: “…amano i primi posti nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe, i saluti nelle piazze ed essere chiamati dalla gente: ‘Rabbí!’. Ma voi non vi fate chiamare ‘Rabbí’; perché uno solo è il vostro Maestro, e voi siete tutti fratelli. Non chiamate nessuno sulla terra, vostro padre, perché uno solo è il Padre vostro, quello che è nei cieli. Non vi fate chiamare guide, perché una sola è la vostra Guida, il Cristo; ma il maggiore tra di voi sia vostro servitore. Chiunque si innalzerà sarà abbassato, e chiunque si abbasserà sarà innalzato”.
Nel momento in cui l’apostolo Simone parlò sotto ispirazione divina, il Signore lo lodò. Quando poi argomentò in maniera umana (Matt. 16:21-23) diventò un laccio e fu rimproverato. Per tutti coloro, che argomentano in maniera umana, e non sperimentano alcuna rivelazione divina, vale l’ammonizione espressa dal Signore a Pietro. Dai tempi più remoti, gli uni hanno compreso correttamente, gli altri hanno frainteso e interpretato male quel che il Signore diceva.
Egli si rivelava a coloro che lo sperimentavano, lo conoscevano e avevano comunione con Lui. Per tutti coloro che solo udivano e parlavano di Lui, egli rimase nascosto, estraneo e lontano.
La Chiesa Cattolica Romana, come già esposto, ebbe origine non 2000 anni fa, come si pensa, ma 1600 anni fa e non ci deve sorprendere, dunque, il fatto che né le sue dottrine né le sue pratiche concordino con quella della Chiesa primitiva.
Alcune dottrine fondamentali come il battesimo, la Santa Cena, e così via, sono rimaste in seno alla Chiesa Cattolica, ma hanno un significato completamente diverso e non vengono praticate nello stesso modo come nel cristianesimo primitivo, come hanno insegnato Cristo e i suoi apostoli. La Sacra Bibbia non ci parla di Papi né di un ‘successore di Pietro’ né di un ‘Vicario di Cristo’ e tanto meno di una successione apostolica.
Per giustificare delle pretese, completamente arbitrarie, si è fatta violenza a certi passi biblici e alle parole di Cristo.
Il Signore Gesù fece un serio rimprovero ai capi religiosi del suo tempo: “Guai a voi, dottori della legge, perché avete portato via la chiave della scienza! Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l’avete impedito” Luca 11:52.
Non potremmo oggi trovarci nella stessa situazione o, finanche, peggio? Sicuramente!
Quel che l’apostolo Pietro dichiarò essere valido alla fondazione della Chiesa di Cristo, ovvero conversione, ravvedimento, e battesimo in acqua per la remissione dei peccati (Atti 2:38) venne dichiarato, secondo le Sacre Scritture, sotto la guida dello Spirito Santo, per questo vale nel cielo esattamente come sulla terra.
L’infallibilità papale non è che l’ultima conseguenza dell’infallibilità attribuita da parte cattolica alla Chiesa Romana, la quale, nella sua parte direttiva ‘vescovo’ o ‘Papa’ è divenuta ‘Chiesa docente’.
I rappresentanti della parte cattolica, alla disputa di Losanna del 1536, asserivano: “<La Chiesa è anteriore e superiore alla scrittura. Questo significa che la Chiesa è anteriore alla scrittura e ha maggiore autorità, perché la Chiesa è il corpo di Gesù Cristo>. Perciò la sacra scrittura va esposta: <Secondo la mente della Chiesa, che da Nostro Signore è stata costituita custode e interprete di tutto il deposito della verità rivelata>. Gesù Cristo si identifica in tal modo con la Chiesa e specialmente con il Papa, per cui ogni appello <al di sopra del magistero cattolico è impossibile perché significherebbe in ultima analisi porre qualcosa al di sopra di Cristo>. <Viene così ad essere perduto il senso dei riferimenti alla parola dell’Evangelo che testimonia della parola stessa di Cristo, in quanto la Chiesa considera se stessa il riferimento di se stessa…>. <Questo dimostra la sterilità, non relativa ma fondamentale, di ogni biblicismo cattolico e la miopia dogmatica dei teologi protestanti che lo interpretano come cattolicamente non può essere interpretato in quanto nel Cattolicesimo, l’Evangelo non è ascoltato come parola detta dal Signore, alla Chiesa, che ammaestra la Chiesa a salvezza e mette i suoi eventuali errori a confronto con la verità di Dio, ma come parola detta dal Signore nella Chiesa, e per mezzo della Chiesa, affidate in deposito alla Chiesa, di cui la Chiesa (e si intenda bene: la Chiesa di Roma ed essa soltanto) ha in esclusiva la chiave interpretativa>”.
Per restare fedeli al vangelo occorre far sentire, invece, che non vi è una Chiesa docente, ma solo una Chiesa discente che sempre impara da Cristo, il quale è l’unico Maestro e il cui insegnamento è stato racchiuso, una volta per sempre, nella Parola di Dio. Matt. 23:8: “..uno solo è il vostro Maestro, e voi siete tutti fratelli”. Occorre dimostrare che la Chiesa è ‘figlia’ nata dalla Parola di Dio, non ‘madre’ della Parola di Dio e che sta perennemente tutta intera sotto l’autorità ultima della verità rivelata. Giov. 20:31: “ma questi sono stati scritti, affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figliol di Dio, e, affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome”.
La Chiesa è la famiglia di coloro che sono ‘discepoli’, ‘scolari’ di Cristo. Essa non è la ‘verità’, ma la ‘colonna della verità’, in quanto come le colonne dell’antichità, su cui si appendevano i decreti imperiali, presenta a tutto il mondo l’invariabile messaggio salvifico dell’evangelo, il quale è l’amore di Dio incarnatosi in Cristo Gesù.
La Chiesa di Roma si gloria di possedere lo Spirito Santo deducendone la sua indipendenza nei riguardi della Parola di Dio. Ritornando al discorso di prima su Pietro, è comunque un fatto certo che il celebre passo di Matt. 16:18 non fu interpretato da Pietro stesso, e dagli altri apostoli, come lo interpreta oggi la Chiesa Cattolica Romana. Non c’è dubbio che Pietro svolse un ruolo importante e decisivo nella Chiesa degli inizi, ma solo per qualche tempo, considerando che il libro degli Atti degli apostoli si occupa per lo più di ciò che fece Paolo, e nelle Scritture non si fa alcuna differenza tra ciò che fece Paolo e ciò che fece Pietro. Dopo gli essenziali insegnamenti di Cristo rivelati a Pietro, il quale li pose nella Chiesa in modo perenne, Cristo usò anche Paolo e molti altri, sia con ispirazioni, che con rivelazioni.
Tutti i cristiani sono ‘pietre viventi’ poggiate e connesse ‘direttamente’ sulla pietra angolare vivente (il Signore Gesù Cristo), in quanto allineate e posizionate nell’edificio in funzione di essa. Nella lettera ai galati, al capitolo 2, versi 11-16, è raccontata la circostanza in cui Paolo rimprovera a Pietro un comportamento ipocrita, e non viene detto quale sia stata la reazione di Pietro al suo rimprovero che comunque non fece leva su un suo presunto ‘primato’ per giustificarsi; se l’avesse fatto, sarebbe stato un evento troppo importante da non trascurare nella trascrizione di quella lettera. Non troviamo qui il minimo accenno ad una simile reazione.
Tutto questo, dunque, ridimensiona molto il ruolo avuto da Pietro nella Chiesa primitiva; tra la posizione dell’apostolo Pietro, allora, e quella di oggi del Papa, nella Chiesa Romana, c’è un abisso che neanche le più sofisticate argomentazioni della teologia cattolica possono e potranno mai colmare.
Quando Paolo parla a Pietro, nel passo prima citato, attesta proprio che, a riguardo di Pietro, c’era bisogno di un chiarimento di idee di ordine dottrinale e di ordine morale, e questo fu proprio quello che Paolo fece sottolineando il fatto che ormai le “opere della legge” non avevano più il valore di un tempo, perché ora si era giustificati dinnanzi a Dio “mediante la fede” (anche se implicitamente ciò valeva anche nell’antico patto)esclusivamente in Cristo (c. 2, v. 16). Può essere davvero possibile che, se Pietro era destinato ad essere il Capo della Chiesa, egli stesso, al quale Gesù rivolse le parole in modo personale descritte nel passo mattaico, non le intese come una dichiarazione, da parte di Gesù, che egli doveva diventare il Sovrano della Chiesa universale, della quale è invece Capo assoluto il Cristo? Di norma, infatti, la persona interessata, nei riguardi dell’ipotetico privilegio dato da Gesù a Pietro, avrebbe certamente dovuto comprendere meglio il senso di quelle parole riguardo alla sua persona e non dei ‘dottori e teologi cattolici’ molti secoli dopo.
È chiaro che se Pietro non le interpretò in quel modo, e possiamo vederlo dalla Sacra Scrittura, ma anche da tanti altri documenti storici della Chiesa primitiva e post-primitiva, dico, che se Pietro non intese le parole di Gesù nel senso cattolico è mai possibile, invece, che secoli dopo, ipotetici successori di Pietro, estranei dal discorso personale di Pietro con Gesù, ne abbiano capito il vero senso? Se rivolgo una parola in modo diretto e personale a qualcuno, chi potrebbe cogliere maggiormente il giusto senso del mio messaggio se non proprio il diretto interessato? Qualcun altro, secoli dopo, al quale io non ho né parlato, né diretto nulla, potrebbe capire meglio il messaggio che ho dato direttamente e personalmente ad un altro? Un Papa, un Capo, non avrebbe avuto la necessità di giustificarsi davanti ad altri credenti, soprattutto nel modo in cui agì Pietro in Atti 11:1-18.
CHIAVI DEL REGNO DEI CIELI.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, al punto 553, riguardo alle chiavi del regno dei cieli, dice: “Gesù ha conferito a Pietro un potere specifico: <A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli> (Mt. 16,19). Il <potere delle chiavi> designa l’autorità per governare la casa di Dio, che è la Chiesa. Gesù “il Buon Pastore” (Gv. 10,11), ha confermato questo incarico dopo la resurrezione: <Pasci le mie pecorelle> (Gv. 21,15-17). Il potere di <legare e sciogliere> indica l’autorità di assolvere dai peccati, di pronunciare giudizi in materia di dottrina, e prendere decisioni disciplinari nella Chiesa. Gesù ha conferito tale autorità alla Chiesa attraverso il ministero degli Apostoli e particolarmente di Pietro, il solo cui ha esplicitamente affidato le chiavi del Regno”.
Le ‘chiavi’ simboleggiano diversi fatti nella Bibbia, per cui occorre stabilire bene il senso che li attribuisce Gesù e vedere quale simbolismo Cristo ricolleghi al concetto ‘chiavi’ del passo di Matteo 16:19. (Che non vi attribuisca quello di autorità vicaria risulta da molti passi biblici, sui quali torneremo in seguito. Sul labbro di Gesù, le ‘chiavi’, del passo di Matteo 16:19, indicano l’autorità della predicazione iniziale dell’evangelo da parte di Pietro, il quale servì per indicare i nuovi ordinamenti per mezzo dei quali poter entrare nel regno dei cieli, ovvero la Chiesa).
Matteo 16:19: “<Io ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che legherai in terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai in terra sarà sciolto nei cieli>. Allora ordinò ai suoi discepoli di non dire a nessuno che egli era il Cristo”.
Ad esempio, nel vangelo di Luca 11:52 sta scritto: “Guai a voi dottori della legge, perché avete portato via la chiave della scienza! Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l’avete impedito”.
Qui, la ‘chiave’ simboleggia la verità riguardo alla Parola di Dio in Cristo Gesù (la chiave della scienza), che gli scribi, i dottori della legge, riservandosi il monopolio dell’interpretazione della legge, con la loro dottrina, avevano portato via, detronizzando il messaggio e la buona notizia di Cristo e non solo non sono entrati loro nel regno, ma ne hanno impedito l’accesso anche agli altri che vi volevano entrare.
In Ap. 3:7 è scritto che Gesù ha la chiave di Davide: “…Queste cose dice il Santo, il Veritiero, colui che ha la chiave di Davide, colui che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre” (leggere anche Isaia 22:22). L’angelo, che il veggente vide scendere dal cielo, aveva: “la chiave dell’abisso” vale a dire possedeva il ‘dominio’ su Satana e i suoi angeli: Ap. 20:1-3.
È chiaro che, nel simbolismo, il termine ‘chiavi’ può cambiare di significato; questo può essere deducibile solo comprendendo il contesto in cui queste ‘chiavi’ vengono nominate. Il medesimo concetto, con il richiamo indiretto alle ‘chiavi’, implicito nel verbo ‘serrare’ (le porte si serrano con le chiavi), si trova nel passo di Matteo 23:13: “Ma guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché serrate il regno dei cieli davanti alla gente; poiché non vi entrate voi, né lasciate entrare quelli che cercano di entrare”.
Al posto dei ‘dottori della legge’, i quali, con la loro dottrina, impedivano al popolo di accogliere Gesù, come Figlio di Dio e di entrare così nel regno dei cieli, Gesù pone il confessore Pietro, perché con la sua fede, allora dimostrata, ‘apra il regno dei cieli’ (in seguito) attraverso la promulgazione di giusti ordinamenti, i quali se seguiti permetterebbero a chiunque di potervi entrare (nel regno dei cieli). Non gli scribi, ma gli apostoli, qui personificati da Pietro, saranno gli araldi della Parola di Dio, i nuovi profeti del cristianesimo. Tale missione si esplicherà, tuttavia, più tardi, al momento fissato dal Cristo, poiché per ora essi devono tacere e non rivelare ad alcuno che Gesù è l’atteso Messia. I verbi ‘legare’ e ‘sciogliere’ sono due termini, i quali assumono significati opposti secondo che si riferiscano ad una proibizione o ad un obbligo.
Nel caso della proibizione si ‘lega’ quando si proibisce una cosa ad una persona, nel caso di un obbligo si ‘lega’ quando si dà un ordinamento, mentre si ‘scioglie’ quando si toglie una proibizione, un legame o un obbligo.
Un esempio di questo ‘legare’ ricorre già nell’Antico Testamento, in cui si legge che una ragazza, dopo aver pronunciato un voto, è ‘legata’ ad esso, vale a dire è obbligata ad osservarlo, qualora il padre (se è nubile) o lo sposo (se è sposata) non vi si oppongano: Numeri 30:10-14. Leggere anche: Luca 13:15-16. Al contrario, ‘sciogliere’ significa l’eliminazione dell’obbligo. Anche l’eliminazione di un incantesimo si esprime con lo stesso verbo ‘sciogliere’. Questo verbo può acquistare il senso di ‘perdonare’, vale a dire ‘slegare’ la colpa dell’individuo (Matteo 18:18).
Dio è colui che ‘scioglie’, vale a dire che ‘perdona e toglie’ i peccati. Matteo 16:19: “…tutto ciò che legherai in terra, sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai in terra sarà sciolto nei cieli”. Tali parole, in un contesto che riguarda l’uso delle ‘chiavi’ per proclamare gli ordinamenti necessari per poter entrare nel regno dei cieli (la Chiesa), devono per forza riferirsi all’ingresso nella Chiesa, a qualcosa cioè di necessario o non necessario per chi vuol entrare in essa.
Nel libro degli Atti, che è come un commento della profezia di Cristo, risulta che proprio Pietro ha reso ufficialmente obbligatorio, una volta per sempre, il ravvedimento, la conversione e il battesimo per entrare nella Chiesa (‘legato’), mentre ha dispensato ufficialmente dall’obbligatorietà della circoncisione (‘sciolto’). Inoltre, ha anche ‘legato’, per ordine divino, alla Chiesa di Cristo la possibilità per i pagani di entrare in essa.
Nella sua predicazione Pietro ‘legherà’ (nel giorno di Pentecoste), una volta per sempre, il battesimo con ravvedimento, stabilendone la sua necessità per l’ingresso nella Chiesa; ‘scioglierà’, una volta per sempre, la circoncisione, annullandone l’obbligatorietà.
Nessuno può essere successore di Pietro anche a motivo del fatto che di tutto ciò che l’apostolo ha fissato per ordine di Dio, nella Chiesa di Cristo, nulla può essere cambiato da alcuno. Dopo aver proclamato che Gesù, con la sua resurrezione, era stato dimostrato Cristo e Signore, continuò dicendo: “..Ravvedetevi, e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo” Atti 2:38.
Con tale comando Pietro ‘legò’, ossia stabilì una volta per sempre, l’obbligatorietà del battesimo da riceversi nell’età della ragione (‘ravvedetevi’), come mezzo di fede per entrare nella Chiesa e ricevere la salvezza. Quelli, dunque, che in quel giorno accettarono la sua parola, vennero battezzati e furono aggiunti al gruppo dei discepoli: Atti 2:41.
Pietro ‘sciolse’ la circoncisione della carne, che gran parte dei primi cristiani provenienti dal giudaismo pretendeva mantenere. Siccome il contatto con i pagani era considerato qualcosa di impuro, Pietro dovette ricevere una visione apposita per essere indotto a recarsi da Cornelio, centurione della Corte Italica (Atti 10:9-48).
Pietro comprese allora che “Dio non ha riguardo alle persone; ma che in qualunque nazione chi lo teme e opera giustamente gli è accettevole” Atti 10:34-35,44-48. La discesa dello Spirito Santo su Cornelio e la sua famiglia, mentre Pietro li ammaestrava sulla Parola di Dio, indusse l’apostolo a far battezzare anche quei pagani, benché fossero incirconcisi: Atti 10:47-48.
Pietro fu rimproverato per questo dai giudeo-cristiani, da “quelli della circoncisione”, con le parole: “…Tu sei entrato in casa di uomini non circoncisi, e hai mangiato con loro!” Atti 11:3; l’apostolo, per placarli, dovette raccontare loro come Dio stesso lo avesse indotto a seguire tale via, ma l’opposizione giudeo-cristiana, calmata per quel momento, si fece di nuovo sentire e fu eliminata solo dal cosiddetto Concilio di Gerusalemme; quivi Pietro, all’inizio del suo discorso, ricordò come egli fosse stato proprio il prescelto da Dio, per accogliere i pagani nella Chiesa (l’uso delle ‘chiavi’): “Fratelli, voi sapete che dall’inizio Dio scelse tra voi me, affinché dalla mia bocca gli stranieri udissero la Parola del vangelo e credessero” Atti 15:7.
Questa scelta era proprio stata profetizzata da Gesù, nel colloquio di Cesarea di Filippo, con le parole: “Io ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che legherai in terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai in terra sarà sciolto nei cieli” Matt. 16:19.
Con il suo gesto Pietro, ancora prima di Paolo, sganciava il cristianesimo dalla religione giudaica, ‘scioglieva’ i pagani e i giudei dall’obbligo della circoncisione e stabiliva, su basi solide e universali, la Chiesa. Il v. 18 del capitolo 16 di Matteo dice: “…la mia chiesa, e le porte dell’Ades non la potranno vincere”, ciò indica che le ‘porte’ dell’Ades, ossia del soggiorno dei morti, sferreranno di continuo un attacco contro la Chiesa, in ogni tempo, fino all’arrivo definitivo di Gesù, ma riesce difficile pensare come mai le ‘porte’, adatte per la difesa, possano combattere il popolo di Dio. La porta e le porte delle città orientali avevano una piazza antistante, nella quale si esercitava la giustizia, si ordinavano i complotti e le macchinazioni.
Le stesse guerre si decidevano alla ‘porta’ della città; è alla porta di Samaria che i falsi profeti tranquillizzavano Acab, re di Israele, e Giosafat, re di Giuda, invitandoli a salire contro Ramot di Galaad, per distruggerla (1 Re 22:10-12), e vi sono tanti esempi che si potrebbero ancora fare. In questo caso le ‘porte’, sul labbro di Gesù, indicherebbero tutte le macchinazioni che le potenze del male avrebbero attuato contro la Chiesa, senza però riuscire mai a soffocarla e a distruggerla, perché essa è poggiata sulle pietre da fondamenta (gli apostoli), allineate con la pietra maestra angolare da fondamenta (Gesù). Il plurale ‘porte’ fa pensare a un plurale rafforzativo per indicare l’immane potenza del male, il quale si sarebbe scatenato tutto, ma senza aver ‘frutto’ contro la Chiesa di Cristo, perché questa poggia sulla potenza del Risorto.
Il ‘legare e sciogliere’, del passo di Matteo 18:18, si connette, di solito, erroneamente, con quanto viene detto nel passo di Matteo 16-19, il contesto, però, è ben diverso: mentre Gesù conferì a Pietro le chiavi del regno dei cieli, per emanare gli ordinamenti divini perenni, da rispettare per poter entrare nella Chiesa, qui (ossia in Matt. 18:18) Matteo, riferendosi a un altro detto di Gesù, parla di come ci si debba comportare nel caso della disciplina collettiva e personale verso un peccatore (Si legga lo studio dal titolo: ‘Riflessioni – Chiesa Cattolica Romana (Parte VI) – Il Sacramento cattolico della penitenza (o confessione)’).
Il ‘legare’ e lo ‘sciogliere’, nel contesto di Matt. 18:18, non ha nulla a che vedere con il ‘legare e lo sciogliere’ di Matt. 16:19 che riguarda, esclusivamente, la persona di Pietro, il quale ebbe, dal Signore, all’inizio della nascita della Chiesa, il possesso delle chiavi del regno dei cieli.
Luca 11:52: “Guai a voi, dottori della legge, perché avete portato via la chiave della scienza! Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l’avete impedito”.
Matt. 23:13: “Ma guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché serrate il regno dei cieli davanti alla gente; poiché non vi entrate voi; né lasciate entrare quelli che cercano di entrare”.
Come avevano portato via la chiave della scienza? In questo modo: gli scribi e i farisei con il loro insegnamento, impregnato di tradizioni e non di verità, rendevano impraticabile e impossibile al popolo l’entrata nel regno dei cieli (ovvero la Chiesa, la nuova comunità, la quale era ed è l’embrione imperfetto del vero regno dei cieli); impedivano al popolo di comprendere le cose di Dio, lo riempivano di confusione, rendevano nullo un approccio reale con Dio. Il popolo rimaneva nell’oscurità, nell’ignoranza e lontano da Dio e, quindi, da Cristo Gesù.
Le chiavi del regno dei cieli furono donate a Pentecoste a Pietro; fu egli, per mezzo dello Spirito Santo, ad averle usate in alcune circostanze, per un tempo breve, all’inizio della Chiesa.
Il regno dei cieli, ovvero la Chiesa, la quale doveva nascere, era aperto ufficiosamente a chiunque, perché Gesù stesso ne aveva aperto la ‘porta’. Quindi Gesù, a Pentecoste, si serve di Pietro come strumento per ‘aprire’, ufficialmente, le porte del regno dei cieli (ovvero la Chiesa che stava nascendo), con i relativi ordinamenti, per farvi entrare, in un primo momento, i giudei, ma anche i pagani in seguito.
Pietro per mezzo delle ‘chiavi’, ovvero della grazia resa da Cristo a lui di essere usato da Dio come strumento per emanare, una volta per tutte, gli essenziali ordinamenti per l’entrata nella Chiesa, non solo dichiarò che le porte del regno dei cieli erano aperte, ma spiegò anche (a Pentecoste) come entrarci. Proclamò il ravvedimento, la conversione e il battesimo come unico mezzo per entrare a far parte della Chiesa, ovvero dell’embrione imperfetto del regno dei cieli futuro. Le chiavi del regno dei cieli non rappresentano un potere dato a Pietro, o addirittura a dei suoi immaginari successori, di far entrare o meno qualcuno nel regno dei cieli, inteso come Chiesa o come Paradiso, come taluni ‘folli o ignoranti’ credono.
Il regno dei cieli, di cui parla Gesù, è la Chiesa; Pietro avrebbe avuto l’occasione e la facoltà, per grazia di Cristo, di ‘legare e sciogliere’, non a sua discrezione, ma dietro ordine e spinta di Dio, alcune cose, e tutto questo senza scostarsi dalla volontà di Dio. Egli, infatti, a Pentecoste ebbe il privilegio e l’onore di promuovere, per primo, con potenza (quindi ‘legare’), i mezzi per poter entrare a far parte della Chiesa di Cristo Gesù (ravvedimento, conversione e battesimo) e anche quello di permettere, in seguito, ai ‘gentili’ (ovvero i pagani) di poter entrare anche loro (quindi ‘legò’ anche i pagani per ordine di Dio al regno dei cieli), e di annullare (‘sciogliere’) cosa non era più necessario, come la circoncisione.
Oggi, in realtà, non vi sono più le chiavi del regno dei cieli (e nemmeno servono più), perché le porte sono spalancate ufficiosamente e ufficialmente a chiunque, e non v’è null’altro da emanare come mezzo di entrata, perché tutto fu detto da Pietro nella parola del ravvedimento e della conversione, con il battesimo cristiano, per la remissione dei peccati, sia a giudei che ai pagani. Egli, per volontà divina, diede inizio a ciò. Come Mosè ebbe le ‘chiavi’ della legge dell’antico patto, per il popolo ebraico, a causa dell’alleanza di Dio con Abraamo, e con le quali pose una volta per sempre i comandamenti e nessuno poté più usarle per istituirne degli altri o toglierne qualcuno, così le chiavi del regno dei cieli furono, una volta per tutte, usate da Pietro per spalancare le porte del regno dei cieli a tutti coloro che, in ogni tempo, vogliono entrarvi ravvedendosi, convertendosi e battezzandosi per la remissione dei peccati.
Egli, inoltre, proclamò il ritiro dell’ordinamento divino della circoncisione della carne, da Cristo stesso annullato, perché trovato inutile. In pratica, con queste nuove ‘chiavi’ si apre una nuova porta, una nuova alleanza per un nuovo popolo di Dio: la Chiesa, e con l’inaugurazione di una nuova alleanza cambiano anche i mezzi per entrarne a far parte. I credenti, oggi, possono, semplicemente, usare la chiave della scienza che nel caso degli scribi non era altro che l’attuare quello che già Mosè aveva stabilito per ordine di Dio.
Ordunque, i credenti, oggi, hanno a disposizione la chiave della scienza che è l’evangelo e la verità in esso contenuta. Quando Pietro evangelizzò i primi pagani (Cornelio e la sua famiglia) attestò che era nella volontà di Dio predicare anche a loro, e il suo passo fu il primo di una lunga predicazione verso di loro e che continua ancora in questo tempo e sempre continuerà.
Oggi, i credenti non possono aggiungere o togliere alcunché a quello che Pietro, per ordine di Gesù, ha dichiarato; possono, invece, continuare l’opera sua e degli altri apostoli con la chiave della scienza, con la verità dell’evangelo, per predicare quello che, una volta per tutte, per mezzo di Pietro è stato stabilito da Gesù: ravvedimento, conversione e battesimo per la remissione dei peccati, non circoncisione della carne, ma circoncisione del cuore, predicazione ai giudei e anche ai pagani. Le chiavi del regno dei cieli sono servite, appunto, a ciò e con questo si compì l’apertura del regno dei cieli (la Chiesa), una volta per sempre, infatti la Chiesa oggi ha già le sue fondamenta, è già edificata, quindi ha, già da tempo, spalancata la porta e le ‘chiavi’ per aprire non servono più, serve, invece, la chiave della scienza, della predicazione vera, ovvero lo spirito di predicazione nella verità e nella fedeltà all’insegnamento di Cristo e dei suoi apostoli.
Il principio di tale conoscenza (la chiave della scienza) è la fede vera in Cristo Gesù risorto nella verità del suo insegnamento, mediante la quale (la fede), giustificati nel suo nome (Gesù), i credenti vengono salvati dal giudizio e dalla condanna del peccato. Gesù è la porta del regno dei cieli che oggi è spalancata più che mai a chi vuole entrarvi.
Gesù dice: “Io sono la porta; se una entra per me, sarà salvato…” Giov. 10:9. Queste parole sono in accordo con queste altre di Gesù: “..Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” Giov. 14:6. La chiave della scienza o dell’evangelo è proprio la conoscenza che viene dalla Parola e dallo Spirito di Dio che, secondo le Scritture, mette in condizione di poter entrare attraverso la porta (Gesù) spalancata del regno dei cieli e di poter istruire gli altri a fare lo stesso. È nello stesso senso che in Atti 14:27 è detto: “Giunti là e riunita la chiesa riferirono tutte le cose che Dio aveva compiute per mezzo di loro, e come aveva aperto la porta della fede agli stranieri”.
In pratica, la predicazione dell’evangelo, della grazia di Dio, l’annunzio della salvezza in Cristo, erano pervenuti ai pagani; anch’essi erano stati messi nella condizione di conoscere e accettare la salvezza, di credere in Cristo, e di entrare nella grazia attraverso la porta aperta da Dio stesso. La chiave della scienza è quella che può far vedere la porta aperta (Gesù), attraverso la quale è possibile entrare per sempre nel regno dei cieli (nella Chiesa, prima, e poi nel Regno di Dio). Nessuno, oggi, ha o può avere le chiavi del regno dei cieli, perché questo non ha più (né ufficiosamente né ufficialmente) le porte chiuse e, quindi, le ‘chiavi’ non servono più.
Chi crede alla verità dell’evangelo, in esso contenuta, ha, per grazia divina, la giusta scienza, la quale può far vedere, a chi crede, la porta aperta del regno dei cieli (Gesù), ma anche agli uomini, i quali non sanno o non credono. Tuttavia, se si evangelizza il falso, la tradizione umana, anziché la verità e l’insegnamento vero di Cristo, si attesta davanti agli uomini e a Dio di non essere in possesso della chiave della scienza, della verità, in grado di far entrare per la porta del regno dei cieli. Forse qualcuno crederà di esservi entrato, perché membro di qualche Chiesa, di qualche organizzazione religiosa cristiana, ma ciò non gli garantisce alcunché, perché, secondo le Sacre Scritture, solo la vera Chiesa di Cristo (e solo i credenti rigenerati) è l’embrione del regno dei cieli futuro. Se si predica il falso si mettono anche quelli, a cui si insegna, in una condizione sfavorevole, accecandoli con la menzogna e vari ragionamenti e filosofie umane, non permettendo, in qualche modo, nemmeno a questi di salvarsi ed entrare per la porta del cielo (Gesù). Infatti, impedendo ad altri di acquisire la vera dottrina e il vero insegnamento, si impedisce loro di realizzare una vera vita in Cristo Gesù.
Secondo le Scritture, i veri credenti sono, esclusivamente, salvati non per mezzo delle opere loro, ma per mezzo della giustificazione, la quale viene dalla fede vera in Cristo Gesù. La vita cristiana dev’essere fondata sulle vere dottrine di Dio e non su quelle vane degli uomini. È Cristo che, secondo la sacra Scrittura, santifica con l’opera potente del suo sacrificio espiatorio e fa apparire degni di salvezza, davanti al Padre suo, non le nostre opere.
Il simbolismo delle ‘chiavi’ è abbastanza semplice da capire. Chi possiede le chiavi di una casa può entrare in essa, chi ha quelle di una automobile può guidarla. Chi possiede le chiavi del regno dei cieli può aprire le cose che prima erano chiuse e può rivelare ciò che era nascosto.
Per volontà divina tutto venne stabilito agli inizi in modo vincolante per tutto il periodo di tempo della Chiesa di Cristo sulla terra, e non può e non deve essere cambiato alcunché. A Pentecoste l’apostolo Pietro, rivestito da autorità divina, usò in modo giusto e appropriato le chiavi del regno dei cieli. Già dal principio, l’apostolo Pietro diede alla Chiesa del Nuovo Testamento gli insegnamenti che sarebbero rimasti validi per sempre.
La Chiesa Romana ha agito in modo falso in moltissime cose. Ad esempio, ha istituito il battesimo dei neonati con la testimonianza di due testimoni e l’accettazione dei relativi genitori. Pietro, quando usò, per mezzo dello Spirito Santo, e per ordine di Cristo, le chiavi del regno dei cieli, proclamò, una volta per sempre, alla fondazione della Chiesa, il ravvedimento, la conversione e solo in conseguenza di ciò il battesimo per la remissione dei peccati. Gesù si serve qui di un’immagine: la Chiesa è una casa, occorre entrarvi. Pietro ha l’onore di aprirne ufficialmente la porta. Dopo di che la porta è rimasta aperta e lo sarà fino alla fine dei tempi.
INFALLIBILITÀ PAPALE.
Nel Catechismo cattolico al punto 891 si legge: “<Di questa infallibilità il Romano Pontefice, capo del Collegio dei Vescovi, fruisce in virtù del suo ufficio, quando quale supremo Pastore e Dottore di tutti i fedeli, che conferma nella fede i suoi fratelli, proclama con un atto definitivo una dottrina riguardante la fede o la morale…>”.
L’infallibilità papale viene intravista dai teologi cattolici nel passo di Luca 22:31-34, quando, invece, qui si parla chiaramente della fallibilità (e non dell’infallibilità) dell’apostolo Pietro. Luca 22:31-34; da questo passo biblico il Concilio Vaticano I trasse un argomento a sostegno dell’infallibilità papale: “Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai convertito, fortifica i tuoi fratelli…”.
Qui vi è solo profetizzato, da parte di Gesù, in modo implicito, il futuro rinnovamento di Pietro; il “quando sarai convertito, fortifica i tuoi fratelli” vale a dire: il ritorno di Pietro alla funzione dell’apostolato, dopo il suo rinnegamento, durante la crisi imminente. Vorrei far notare che il detto di Gesù non ha alcun riferimento all’infallibilità di Pietro (dal momento che non riguarda l’insegnamento da dare alla Chiesa, condizione indispensabile perché si possa pretendere di avere l’infallibilità), ma riguarda la fede personale dell’apostolo. Pur rinnegando il Cristo (infatti, sarà Satana che, tentandolo, lo indebolirà nella fede) la sua fede vacillante non si spegnerà del tutto, sicché egli rimarrà sempre riunito da un tenue filo con il Salvatore.
La frase: “quando sarai convertito” fa vedere come Pietro, prima di fortificare i suoi fratelli, avrebbe dovuto attraversare un periodo in cui, per la sua fede vacillante, avrebbe cessato di essere un sostegno per gli altri (caratteristica, invece, di Pietro, per il suo carattere forte e impetuoso). Ciò sarebbe avvenuto dall’arresto di Gesù fino alla sua resurrezione. La sua fede, tuttavia, non cadrà del tutto, solo perché Lui (il Cristo) ha pregato per l’apostolo.
Questa affermazione di Gesù non riuscì gradita a Pietro, il quale si affrettò a rassicurare il Maestro che egli era pronto persino a morire per Lui attirandosi, così, la profezia del suo rinnegamento.
Che le parole di Gesù: “quando sarai convertito, fortifica i tuoi fratelli” non intendono l’infallibilità di Pietro, ma che, con certezza, sono in connessione con il futuro rinnegamento dell’apostolo nei confronti del Cristo, lo si può capire molto bene dal fatto che, subito dopo, Gesù, nello stesso colloquio con Pietro, gli profetizza il suo imminente rinnegamento (v. 34), per cui le parole di Cristo si potrebbero spiegare, più correttamente, in questo modo: “Quando ti sarai ravveduto (quando Pietro si sarebbe ravveduto a causa del rinnegamento nei confronti del Signore), quando sarai rientrato in te, Pietro, fortifica con la tua innata fortezza di carattere i tuoi fratelli più deboli nella fede” v. 34. Con le sue parole Gesù preannunciò la futura crisi degli apostoli e soprattutto di Pietro.
Ad ogni modo, finanche si parlasse, in questo passo, dell’infallibilità della persona di Pietro (e questo è impossibile) ciò avrebbe, esclusivamente, riguardato l’apostolo e non certamente dei suoi ipotetici successori secolari (ovvero i Papi). Pietro, solo dopo la resurrezione di Cristo e, soprattutto, tempo prima dell’ascensione di Gesù al cielo (Giov. 21:15-19) sarebbe ritornato completamente in sé dopo l’angoscia del rinnegamento nei confronti del Signore, fino a divenire, potentemente, l’iniziatore della Chiesa nascente (Atti 2:14-47). Il periodo cruciale per Pietro, a causa del suo rinnegamento, fu proprio dal momento in cui rinnegò Gesù fino alla sua resurrezione e apparizione. Gesù disse, nei confronti di Pietro, le parole del passo di Luca 22:31-32, volendogli far notare che la sua caduta sarebbe stata più grave di quella degli altri (infatti, anche gli altri discepoli l’abbandonarono, ma Pietro fece di più, rinnegandolo); lui necessitava di maggiore assistenza (v. 32). Egli era stato colpevole, anche prima del rinnegamento, per aver contraddetto il Signore, dichiarando, in taluni casi, che anche se tutti si sarebbero scandalizzati di Lui (Marco 14:27-31; Matt. 26:30-35), egli però non lo sarebbe stato facendosi così, implicitamente e ingiustamente, superiore agli altri nell’amore per il Signore.
Per curare queste malattie dello spirito, Gesù permise a Pietro di cadere e perciò, ‘trascurando’ per un momento gli altri, si rivolse a lui: “Simone, Simone ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano (varrebbe a dire: affliggerli, tormentarli, tentarli), ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno..”. Se Satana desiderava vagliare tutti, perché mai Gesù non dice: “ho pregato per tutti?”. Non è forse ben chiaro che il motivo fu perché il Signore sapeva che Pietro si sarebbe trovato in una situazione maggiormente rischiosa e pericolosa per la sua fede? Per rimproverarlo e per mettere in rilievo che la sua caduta era ben più grave di quella degli altri, Gesù rivolge a lui le parole precedentemente citate. Satana, ‘astutamente’, fece un inutile tentativo, tenendo ben presente che Pietro, in qualche modo, per molti aspetti, era il portavoce e un punto di forza per gli altri apostoli e scagliò le sue forze verso la persona di Pietro, credendo che indebolendolo e annientandolo, avrebbe potuto causare gravi ripercussioni su tutti gli altri apostoli. Ed è per questo motivo che Gesù indirizza maggiormente la sua attenzione, con le sue preghiere, sulla persona di Pietro.
Si può così dire: “Come io pregando per te, preserverò la tua fede (ma non la tentazione), affinché essa non venga completamente meno, così anche tu, quando ti sarai pienamente ravveduto, quando sarai rientrato in te (dopo il problema del rinnegamento), ricordati ed impegnati di risollevare e confortare i tuoi fratelli più deboli e quelli che tarderanno a riprendersi”. È del tutto fuori luogo, inoltre, attribuire a questo passo una missione duratura di Pietro (peggio ancora intravedere dei suoi ipotetici successori) quando si vede chiaramente che Gesù il “fortifica i tuoi fratelli” lo intese, esclusivamente, per un determinato periodo, in cui Pietro doveva rincuorare, rinforzare gli animi dei suoi fratelli, i quali, solo per un determinato periodo, avrebbero necessitato di tale aiuto, infatti, in futuro, dopo la discesa dello Spirito Santo a Pentecoste, tutti furono, gradatamente e potentemente, rincuorati e rinforzati nel nome del Signore.
Questa funzione di Pietro è ben delimitata al periodo della crisi, nella quale si trovarono ben presto tutti gli apostoli. Pietro, nonostante il suo entusiasmo nel Signore, stava per cadere, ma sarebbe stato salvato dalla preghiera di Gesù rivolta al Padre. Psicologicamente, dopo il rinnegamento, Pietro deve essere stato allo stremo delle sue forze, ecco perché Gesù ha pregato per lui, affinché la sua fede non venisse completamente meno nell’angoscia di quella circostanza, per poter, poi, in seguito, ritornare il Pietro forte e grintoso e pieno di fede e poter confortare, nei momenti duri, i suoi fratelli più deboli che ne avessero avuto bisogno.
Sembra, dunque, logico restringere l’attività sostenitrice di Pietro al periodo immediatamente successivo alla resurrezione di Cristo (quando gli apostoli scoraggiati si stringono attorno a Pietro ravveduto), fino a del tempo dopo la discesa dello Spirito Santo (a Pentecoste).
A Pentecoste, e in seguito, sarà lo Spirito Santo a sorreggere, gradatamente e con potenza, i credenti nei difficili momenti del dolore e dello scoraggiamento, non Pietro. Un esempio del sostegno visto in Pietro dagli apostoli lo si vede, in Giov. 21:2-3, nel periodo delle apparizioni di Gesù dopo la sua resurrezione; Pietro disse agli altri apostoli: “…<Vado a pescare>. Essi gli dissero: <Veniamo anche noi con te>….”.
Gesù, in Giov. 21:15-19, ebbe un colloquio con Pietro, usando parole che meritano la nostra attenzione: “…Simone di Giovanni, mi ami più di questi? Egli rispose: <Si, Signore, tu sai che ti voglio bene>. Gesù gli disse: <Pasci i miei agnelli>. Gli disse di nuovo, una seconda volta: <Simone di Giovanni, mi ami?> Egli rispose: <Si, Signore; tu sai che ti voglio bene>. Gesù gli disse: <Pastura le mie pecorelle>. Gli disse la terza volta: <Simone di Giovanni, mi vuoi bene?>. Pietro fu rattristato che egli avesse detto la terza volta: <Mi vuoi bene?> E gli rispose: <Signore, tu sai ogni cosa; tu conosci che ti voglio bene>. Gesù gli disse: <Pasci le mie pecorelle>…”. Subito dopo, nel passo, Gesù profetizza a Pietro il suo futuro martirio, concludendo il suo dire con il comando: “Seguimi” v. 19.
Questo passo dai moderni teologi cattolici è ritenuto il conferimento del primato dell’apostolo Pietro su tutta la Chiesa cristiana. Va innanzitutto ricordato che il ‘pasci’, o ‘pastura’, non è esclusivo per descrivere l’attività di Pietro, ma è usato anche per gli altri apostoli e per i vescovi. Lo stesso Pietro esorta i presbiteri (gli anziani o vescovi) a “pascere il gregge di Dio”, in cui si trovavano; inoltre, egli si definisce anche un “compresbitero”, avente, quindi, i medesimi doveri e incarichi, a loro superiore solo per il fatto di poter testimoniare le realtà di Cristo, da lui vedute personalmente.
Tutti questi, quindi, ‘apostoli e presbiteri’ dovevano pascere il gregge di Dio, mostrando ad esso un ‘esempio’ di vita cristiana, conforme alla volontà di Dio, senza voler imporsi con autorità, la quale viene espressamente esclusa dal contesto (1 Pietro 5:1-3). Anche Paolo esorta i vescovi di Efeso, convenuti a Mileto, a ‘pascere’ la Chiesa di Dio (Atti 20:28), vigilando contro le infiltrazioni di false dottrine. Come si vede è ben arduo dedurre dal verbo ‘pascere’ una superiorità dell’apostolo Pietro su tutta la Chiesa di Dio, senza menzionare, inoltre, l’iniqua teoria dei successori di Pietro che nulla hanno in comune con l’apostolo, né l’ambiente, né la circostanza, né l’epoca, né l’esperienza, né il dialogo personale con Gesù, il quale indirizzò le sue parole esclusivamente a Pietro.
Le parole: ‘agnelli’ e ‘pecorelle’ ci costringono a vedere un limite nella missione affidata da Gesù a Pietro. Usualmente oggetto del verbo ‘pascere’ sono le pecore, il gregge, la Chiesa, ma qui, stranamente, Gesù adopera i due termini con significato diminutivo, quasi mai usati altrove, che sembrano sottolineare la debolezza delle pecore pasciute: ‘agnelli’, ‘pecorelle’. Il gregge non è costituito solo da ‘agnelli’ e da ‘pecorelle’; il suo elemento principale è dato dalle ‘pecore’.
Non voleva, qui, forse Gesù suggerire a Pietro, che lui, dopo aver sperimentato, con il suo rinnegamento, la debolezza umana era il più adatto a sorreggere quei cristiani, i quali per essere le ‘pecorelle’ e gli ‘agnelli’ del gregge, abbisognano maggiormente di guida e aiuto? Non hanno, invece, bisogno dell’aiuto le pecore già mature e quindi capaci, attraverso lo Spirito Santo, di auto-guidarsi.
Da tali parole è ben difficile dedurre la superiorità di Pietro su tutta la Chiesa. ‘Agnelli=arníon’, ‘pecorelle=probátia’, ‘pecore=próbata’. Il testo greco porta al primo detto di Gesù la parola greca: ‘arníon’ (agnelli) e negli altri due detti la parola greca: ‘probátia’ (pecorelle). In questo passo (Giov. 21:15-19) Gesù vuol donare il suo perdono a Pietro, il quale lo aveva rinnegato, e riaffidargli la missione apostolica: v. 19 “Seguimi”. A riparazione del suo triplice rinnegamento, Gesù, ora, chiede a Pietro una triplice professione di amore.
La stessa domanda iniziale, con la quale Gesù chiede a Pietro se l’amasse in modo superiore a quello degli altri apostoli, è un richiamo, psicologicamente discreto, alla sua affermazione orgogliosa fatta tempo prima di volerlo seguire se necessario anche fino alla morte, innalzandosi, in qualche modo, nelle virtù dichiarando che, anche se gli altri si sarebbero potuti scandalizzare di Lui, egli non lo avrebbe mai fatto (Marco 14:29; Matt. 26:33).
A una domanda del genere, pertinente per la sua connessione, con la tragica colpa di Pietro, egli non ha più il coraggio di ripetere, con sicurezza di carattere e di orgoglio, la sua affermazione di un tempo, anzi non ha nemmeno il coraggio di usare lo stesso verbo usato dal Signore (“mi ami?” v. 15), infatti non risponde: “Si, Signore, tu sai che ti amo”, ma risponde con un tono di umiltà e con parole meno impegnative: “Si, Signore, tu sai che ti voglio bene” quando la domanda di Gesù era impostata con un verbo e un contesto molto più impegnativi: “mi ami più di questi?”; Pietro non solo risponde con parole meno impegnative: “ti voglio bene”, ma nemmeno osa, alla domanda di Gesù, rispondere in modo generale solo con un ‘sì’ (in quanto ciò avrebbe voluto significare una conferma che egli amasse Gesù più degli altri apostoli), ma discretamente, e con umiltà, risponde semplicemente: “Sì, Signore, tu sai che ti voglio bene”.
Gesù, riprendendo il verbo stesso usato da Pietro, gli chiede per una terza volta: “mi vuoi bene?”, allora Pietro al sentirsi mettere in dubbio, questa terza volta, il suo affetto per Gesù si rattristò e umilmente gli rispose: “ Signore tu sai ogni cosa; tu conosci che ti voglio bene”. Gesù per ben due volte chiese a Pietro se egli lo ‘amasse’ (‘agapào’), e una terza volta se gli ‘volesse bene’ (‘filéo’), e Pietro tutte e tre le volte rispose con il termine: ‘filéo’ (parola greca che si potrebbe tradurre con il nostro ‘ti voglio bene’).
I teologi cattolici non vedono, in questo passo, solamente, una riammissione di Pietro all’apostolato dopo il suo triplice rinnegamento, ma vi vedono, innanzitutto e soprattutto, un indirizzo giuridico per sottolineare un caso importante e solenne, a motivo della triplice domanda, la quale, invece, si connette maggiormente con il triplice rinnegamento di Pietro. Questo momento, secondo cui, sempre secondo i teologi cattolici, Pietro avrebbe ricevuto un’autorità giuridica, sarebbe dovuto anche alla triplicità della domanda di Gesù, considerando che il numero 3 sia un numero simboleggiante la perfezione, ma se la triplicità di una affermazione può, talora, sottolineare, secondo le Scritture, la solennità di un compito affidato ad alcuni qui mi pare del tutto fuori luogo prendere in considerazione questa tesi se analizziamo le domande di Gesù: “mi ami più di questi?”, “mi ami?”, “mi vuoi bene?”, e la tristezza che Pietro ne provò.
L’apostolo comprese che qui non si trattava di esaltazione, bensì di saggiare la realtà del suo sentimento affettuoso verso il Maestro, a riparazione, per l’appunto, del triplice rinnegamento nei suoi confronti e per riammetterlo nella missione dell’apostolato. Che poi, in questo passo, Gesù intendesse, semplicemente, ridonare la missione apostolica a Pietro lo si può capire meglio se si pensa al detto di Gesù: “Ma chiunque mi rinnegherà dinnanzi agli uomini, anch’io rinnegherò lui davanti al Padre mio che è nei cieli” Matt. 10:33, ma ora, dopo la sua protesta d’affetto, Pietro è ancora ritenuto degno di annunziare l’amore divino agli uomini, i quali, spesso e volentieri, come lui potranno cadere e aver bisogno di fiducia e di conforto.
Che questo sia vero lo si può dedurre da due motivi: 1°, il fatto che Gesù segua nel colloquio con Pietro lo schema della riammissione all’apostolato; 2°, dal verbo conclusivo che vi aggiunge: “Seguimi” Giov. 21:19. Notare come sia la stessa formula che Gesù usa, secondo i vangeli, quando designa i suoi come apostoli: Marco 1:17-18; Matt. 4:19-22; Giov. 1:43; Luca 5:10-11. Diventa, così, chiaro che il verbo finale “Seguimi” riporta Pietro, completamente, alla missione dell’apostolato.
Riportiamo l’interpretazione del passo in questione che è presentata da Cirillo Alessandrino (egli era uno dei ‘Padri della Chiesa’, ossia uno scrittore cristiano del II e III d.C.): “Se qualcuno si chiede perché mai egli, si rivolse solo a Simone pur essendo presenti gli altri apostoli e cosa significhi: Pasci i miei agnelli, e simili; rispondiamo che San Pietro con gli altri discepoli, era già stato scelto nell’Apostolato, ma poiché Pietro era frattanto caduto (sotto l’effetto di una grande paura aveva infatti rinnegato per tre volte il Signore), Gesù adesso sana colui che era un malato ed esige una triplice confessione in sostituzione del triplice rinnegamento, compensando questo con quella, l’errore con la correzione. E ancora: con la triplice confessione, Pietro cancella il peccato contratto con il triplice rinnegamento. La risposta di nostro Signore: Pasci i miei agnelli, è considerata un rinnovamento della missione Apostolica già in precedenza conferita; rinnovamento che assolve la vergogna del peccato e cancella la perplessità della sua infermità umana”.
Questa interpretazione, anche se, chiaramente con parole diverse, ma con un significato uguale, venne data da molti altri ‘Padri della Chiesa’. Il passo di Giovanni, in questione, non vuol significare null’altro in più di quanto detto prima. Le parole di Gesù, che costituiscono un dialogo quanto mai personale, escludono qualsiasi idea di successione ad altri. La triplice richiesta di Gesù ricorda il triplice rinnegamento da parte di Pietro; la conclusione ricorda a Simone la necessità di seguire il Signore con fedeltà e determinazione. Ora, a Pietro, il quale non poggia su di sé, ma sulla potenza divina, Gesù rivela il suo futuro martirio; alla sua curiosità di sapere cosa sarebbe avvenuto di Giovanni, il Signore nuovamente gli comanda: “…che ti importa? Tu, seguimi” Giov. 21:22.
In tale contesto, la visuale del Maestro non si connette assolutamente a eventuali successori, ma a ciò che il discepolo farà fino alla sua morte, infatti, finito di dire per la terza volta “pasci le mie pecorelle” Gesù gli profetizza, volendo terminare il discorso, la sua morte col martirio: v. 17-19. Diventa chiaro che ciò in questo passo viene detto riguarda solo ed esclusivamente la persona di Pietro; infatti è ad egli che Gesù, subito dopo il dialogo del passo in questione, gli dice: “Seguimi” (v. 19), riammettendolo alla missione dell’apostolato.
Come si può avere l’ipocrisia di vedere, in questi versi, l’idea di successione, ad altri uomini di ogni tempo, nelle parole che Cristo riferì personalmente ed esclusivamente all’apostolo Pietro? Alcune traduzioni bibliche, invece della parola: ‘pecorelle’, traducono e riportano il termine: ‘pecore’; ciò è errato come già lo si nota dal termine greco impiegato nel testo che si traduce: ‘pecorelle’, ma lo si può anche dedurre da queste stesse traduzioni, le quali mantengono, comunque, nel primo detto di Gesù: “Pasci i miei agnelli”, la parola: ‘agnelli’.
Lo stesso problema l’ho incontrato con la traduzione biblica Nuova Riveduta (Società di Ginevra), la quale, tra l’altro, ho usata per i passi biblici nel presente studio riportati. In questo particolare caso, ho liberamente aggiunto, nella trascrizione del passo dello studio in esame, le due parole: ‘pecorelle’, togliendo i due termini: ‘pecore’. Si vada a controllare in un dizionario, o in una enciclopedia, il significato del termine ‘agnello’ si troverà scritto: “il parto della pecora fino ad un anno”, ovvero ‘pecorella’.
È chiaro che concorda maggiormente la traduzione (anche a motivo del termine greco usato nel passo in originale) con ‘pecorelle’ che non quella con ‘pecore’, a motivo del significato preciso del termine usato da Gesù: ‘agnelli’, nel suo primo detto. In pratica, sarebbe alquanto strano che Gesù avesse usato nel primo detto la parola: ‘agnelli’ (pecorelle) e negli ultimi due detti la parola: ‘pecore’, vista la mancata precisa correlazione, nella sostanza, fra il termine ‘pecore’ e quello di ‘pecorelle’.
È interessante leggere il commento che Paolo VI fece a questo passo: “L’intenzione del Signore palese in questo interrogatorio sull’Amore di Pietro a Gesù, termina in un’altra definitiva lezione, insegnamento, comando, investitura insieme: termina al trasferimento dell’amore, che l’apostolo con umile sicurezza non più smentita, professava per il suo Maestro e Signore, da Gesù al gregge di Gesù. Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore, tre volte disse il Signore all’apostolo, ormai chiamato suo continuatore, suo vicario nell’ufficio pastorale… il primato di Pietro, nella guida e nel servizio del popolo cristiano, sarebbe stato un primato Pastorale, un primato d’Amore. Nell’Amore ormai inestinguibile di Pietro a Cristo sarebbe fondata la natura e la forza della funzione pastorale del primato apostolico. Dall’Amore di Cristo e per l’amore ai seguaci di Cristo, la potestà di reggere, di ammaestrare, di Santificare la Chiesa di Cristo… Una potestà di cui Pietro lascerà eredi i suoi successori su questa sua cattedra Romana, ed a cui egli darà nel sangue la suprema testimonianza”. Inutile ogni commento. L’ipocrisia e l’ignoranza regnano da padroni nel mondo cattolico romano.
PER CAPIRE MEGLIO:
Il procedimento delle grosse costruzioni in medio oriente, dei tempi antichi, era differente da quello occidentale, odierno.
Ad esempio, le pietre di fondamenta del tempio erano lunghe 3,5 metri per 4,5 metri. Gesù disse a Pietro: “tu sei Pietro e su questa pietra…”, “tu sei Cefa e su questa Cefa…”. Il nome aramaico ‘Cefa’ significa: ‘grossa pietra’, ‘grosso masso roccioso’, appunto quello che erano le grosse pietre da fondamenta del tempio. Pietro sarebbe stato il primo ‘masso roccioso’, o ‘grossa pietra’ da fondamenta, dell’edificio di Cristo Gesù.
A quei tempi, quando si costruivano edifici enormi, si usavano come fondamenta delle enormi pietre; Pietro sarebbe stato, appunto, e con lui anche gli altri apostoli, una grande pietra pesante, posta come fondamenta (assieme alle altre pietre-apostoli da fondamenta), alla base dell’enorme edificio di Cristo. In un edificio le pietre da fondamenta hanno uguale importanza (Ap. 21:14). Nelle costruzioni antiche l’unica pietra da fondamenta ad avere maggiore importanza e rilievo era la pietra angolare maestra da fondamenta. Nelle antiche pratiche di edificazione, in medio oriente, ‘la pietra angolare da fondamenta’ veniva posta con molta attenzione. Aveva una funzione vitale, perché l’intero edificio era allineato con essa.
Questo discorso vale anche per il simbolismo, usato da Gesù per il suo ‘edificio’ (Matt. 16:18; Efesini 2:19-22) e che Egli espresse secondo la cultura edile del suo tempo. Quindi ne risulta che nessuno è Capo dell’edificio di Cristo, se non la pietra angolare maestra da fondamenta, posta alla base dell’edificio (Gesù stesso), dalla quale sono dipese tutte le altre pietre da fondamenta (gli apostoli) e tutte le altre pietre vive (i credenti di ieri e di oggi), e dalla quale si continuerà a dipendere.
È la pietra angolare da fondamenta che ha condizionato il posizionamento delle altre pietre da fondamenta e, quindi, di tutte le altre pietre che vengono collocate sopra in modo infinito. Efesini 2:19-22 spiega come gli apostoli sono il fondamento (Ap. 21:14) della Chiesa e Cristo sia la pietra angolare, attraverso la quale prima le fondamenta (le pietre di fondamenta) e l’edificio intero poi è ben allineato con Cristo (la pietra angolare); essa (la pietra angolare) è parte integrante e priorità delle fondamenta.
La pietra angolare era la pietra fondamentale formante l’angolo di un edificio. Era posta all’angolo di incontro di due muri e li manteneva legati. Qualunque pietra occupi questa posizione, a partire dalla base, è una pietra angolare. Cristo Gesù, in senso figurato, è la pietra angolare da fondamenta della base dell’edificio, che unisce, da un angolo all’altro, le pietre di fondamenta; la pietra angolare da fondamenta della base è quella principale, perché unisce le pietre da fondamenta condizionandone una collocazione precisa ed accurata; in pratica decide il loro collocamento e posizionamento.
Nell’edificio di Cristo, la pietra angolare da fondamenta è Gesù stesso, gli apostoli sono le altre pietra da fondamenta che dipendono, nel loro posizionamento, dalla pietra angolare da fondamenta (Gesù).
La Chiesa di Cristo è stata edificata sul fondamento degli apostoli (Efesini 2:19-22), i testimoni fedeli di Gesù che hanno predicato per la realizzazione della Chiesa di Cristo e che hanno impartito, una volta per sempre, gli insegnamenti relativi alla volontà di Dio (anche attraverso i loro scritti ispirati).
Gesù Cristo è la pietra angolare da fondamenta, il Capo dell’edificio (della Chiesa), da cui tutti dipendono: pietre da fondamenta (apostoli) e pietre costituenti i piani superiori a partire dalla base (i credenti di ogni epoca), le quali (queste ultime) innalzano le mura superiori dell’edificio per farne una costruzione in altezza, tale da non potersi ‘vedere la cima’ (1 Pietro 2:4-5).
Quando Gesù disse a Pietro le parole di Matt. 16:18 voleva affermare che Egli (Gesù) avrebbe edificato la sua Chiesa sulle grosse pietre da fondamenta (gli apostoli), ovvero attraverso di loro; si sarebbe servito di questi come potente strumento per trasmettere, una volta per sempre, la sua volontà e i suoi ordinamenti divini.
Pietro, come una grossa pietra da fondamenta, sarebbe stato il primo, in ordine di tempo, ad essere collocato alla base dell’edificio. Fu lui per primo, con efficacia e potenza (con il suo collocamento alla base dell’edificio spirituale di Cristo), all’esordio della Chiesa a Pentecoste, per mezzo della sua predicazione, a dare gli ordinamenti divini necessari e ad allargare, in seguito, ufficialmente, in modo determinante e definitivo, per ordine divino, le porte della salvezza anche ai pagani.
Le pietre di fondamenta sarebbero dipese esclusivamente dalla pietra angolare maestra da fondamenta (Gesù); il Cristo solo e nessun altro sarebbe stato il Capo dell’edificio intero.
CONCLUSIONE RIGUARDO AL: “TU SEI PIETRO E SU QUESTA PIETRA…”.
Per argomentare, in altre parole, il: “tu sei Pietro e su questa pietra…” possiamo dire: “Tu sei Pietro e attraverso te fonderò le basi della mia Chiesa. Quello che tu promulgherai dietro spinta divina, riguardo all’entrata nel regno dei cieli, sarà legato in cielo come sulla terra. Lo stesso avverrà per quello che scioglierai. La testimonianza, che renderai riguardo al ravvedimento, alla conversione e al battesimo, alla circoncisione del cuore, anziché della carne e alla predicazione del Regno ai pagani, aprirà ufficialmente le porte del regno dei cieli, una volta per sempre, e chiunque vivrà per fede nel mio Nome sarà salvato. Quello che tu promulgherai, riguardo all’entrata nel regno dei cieli (nella Chiesa sulla terra), rimarrà indelebile, perché non verrà da te, ma dallo Spirito Santo. Nessuno potrà mai cancellarne alcunché”.
Il grande discorso che Pietro pronuncia, il giorno di Pentecoste, apre, ufficialmente, agli ebrei la porta della salvezza (Atti 2:14-41). Pietro l’apre, ufficialmente, anche ai pagani quando si rivolge a Cornelio e alla sua casa (Atti c.10; c.11:1-18; c.15:7-11), facendo così uso delle ‘chiavi’ di cui Cristo gli aveva parlato in Matt.16:19. Gettate le basi della Chiesa, egli lascia il primo piano e lavora nell’ombra per l’espansione dell’evangelo. Non è impossibile che sia stato suppliziato a Roma. La sua vita ha suscitato molto presto numerose leggende.
Scritti apocrifi molto antichi, dovuti agli Ebioniti (adepti di una setta eretica che durò dal I al VII secolo d. C.), sparsero la leggenda che Pietro sarebbe stato vescovo di Roma per venticinque anni. L’esame accurato delle fonti di questa tradizione e del suo contenuto non permette di metterla sul piano della storia. L’interpretazione delle parole: “tu sei Pietro e…” è fornita dall’apostolo stesso. Non vi è che una pietra fondamentale (1 Pietro 2:4-8), ovvero la pietra angolare: il Cristo.
I veri credenti sono tutti ‘pietre viventi’ che vengono ad aggiungersi all’edificio; Pietro è stato, in ordine di tempo, la prima di queste pietre individuali, e assieme agli altri apostoli lo è stato come pietra di fondamenta. L’apostolo sviluppa lo stesso pensiero in Atti 4:11-12. Paolo conferma questo insegnamento: Cristo è la pietra angolare del tempio spirituale di Dio; gli apostoli-profeti ne sono le fondamenta, sulle quali sono edificati i credenti (Efesini 2:20-22).
Le pietre vive furono edificate sulle pietre di fondamenta e sulla pietra angolare da fondamenta, la quale è la pietra maestra che comanda l’allineamento di ogni pietra a partire dalla base in su. Pietro ha avuto una parte storica importante aprendo, ufficialmente, per ordine di Dio, la porta del regno dei cieli con le ‘chiavi’, donate da Cristo stesso, agli ebrei, il giorno di Pentecoste, e ai pagani, in casa di Cornelio (Atti c. 10).
“Tu confessando il Figlio dell’uomo come il Figlio del Dio Vivente, tramite lo Spirito del Padre mio, sei diventato pietra vivente, perché ti sei accostato alla Roccia Vivente, alla pietra angolare; tu verrai posto, per primo, come pietra da fondamenta per il mio edificio spirituale, poi, verranno anche gli altri apostoli, i quali saranno, similmente, pietre di fondamenta. Io sarò la pietra angolare da fondamenta, la pietra maestra, voi sarete allineati secondo il mio ordine di posizionamento (della pietra angolare: Cristo), poi verranno tutte le altre pietre viventi che saranno edificate su di voi e su di me, pietra angolare”.
In sintesi, Cristo Gesù disse: “Tu Simone, sei pietra (Cefa) e su questa pietra (Cefa), quale tu sei diventato, avendo tu confessato il Figlio dell’uomo come il Figlio del Dio Vivente, edificherò la mia Chiesa”.
Pietro divenne la prima pietra da fondamenta; al seguito vennero tutte le altre pietre da fondamenta e le altre pietre vive per l’edificazione. Il Capo, la pietra angolare, è Cristo Gesù. Essere stato il primo uomo a credere fermamente in Gesù come il Cristo, il Figlio di Dio, fa diventare l’apostolo una pietra da fondamenta dell’edificio (storicamente la prima), la prima in ordine di tempo, ma non la prima in ordine di supremazia e autorità, non il Capo dell’edificio stesso. Notare come Gesù lo chiama, in un primo momento, Simone: Matt. 16:17 “…Tu sei beato, Simone, figlio di Giona…”, mentre subito dopo lo chiama col nuovo nome di Pietro (pietra): Matt. 16:18 “E anch’io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra…”. Ciò dà proprio ad intendere che il gioco di parole è riferito a Pietro stesso (riguardo ai riformatori che credono che ‘pietra’ è la confessione di fede).
Gesù usa il verbo ‘edificare’, perché si rivolge all’apostolo chiamandolo e definendolo una ‘pietra’ e, quindi, usa un discorso relativo: “tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa”. Se si fosse rivolto a lui non come ad una ‘pietra’, ma, per esempio, avesse usato un linguaggio comune, avrebbe potuto dire: “tu sei Simone e, in virtù di quello che hai appena confessato, sarai l’iniziatore (come pietra da fondamenta), per opera dello Spirito Santo, della ‘potente’ entrata, nella mia Chiesa, dei giudei e dei pagani dopo”.
La guida, nella Chiesa di Cristo, secondo le Scritture, non fu Pietro né, tanto meno, lo sono i fantomatici suoi successori, ma lo Spirito Santo (il Consolatore); il Capo non fu Pietro e nemmeno possono esserlo i suoi ipotetici successori, ma Cristo Gesù. Tutti credenti rigenerati sono, semplicemente, le membra del corpo di Cristo, Egli solo è il Capo, la Testa del corpo. Un edificio si costruisce forse più di una volta?
Quando si pongono le fondamenta, e si inizia la costruzione, si demolisce forse quello che è stato costruito senza portarlo a termine per porne nuovamente le fondamenta e questo a ciclo continuo? Pietro è stato, in ordine di tempo, la prima pietra da fondamenta di questo edificio, allineata con la grande pietra maestra angolare, Cristo Gesù. La ‘pietra’, Pietro, sta alla base dell’edificio in modo perenne, non si può trovarne un’altra da mettere al suo posto; ciò vorrebbe dire far crollare l’edificio e iniziarlo daccapo; dal momento in cui furono poste le fondamenta dell’edificio questo può solamente alzarsi in altezza e altre pietre vengono sempre edificate sopra. Non si può porre nuovamente la pietra da fondamenta (Pietro), come del resto anche le altre, ciò significherebbe e vorrebbe dire far crollare l’edificio ogni volta che si intendesse e si credesse di farlo.
Il dialogo di Gesù è incentrato, espressamente e solamente, sulla persona di Simon Pietro, a lui solo Egli parlò in quel modo, a causa della sua confessione di fede che egli ebbe per rivelazione divina. Gesù non poteva, in quel dialogo a due, dare ad intendere il passaggio delle sue parole, riferite solo a Pietro, a degli immaginari successori, i quali con la confessione, il fervore e la personalità di Pietro apostolo, testimone della vita di Gesù sulla terra, nulla avevano, nulla hanno, e nulla avranno mai a che fare, senza parlare, poi, che Gesù scrutò Simone e vedendo, in lui, il disegno divino, gli impose il nome di Pietro che ebbe, definitivamente, al momento della confessione di fede; a lui solo Egli diede tale nome e a lui solo fu designato tale specifico disegno divino; Gesù non poteva, infatti (in quanto inutile), predisporre che la grazia di Dio e il suo disegno, le circostanze di vita, la fede, e le qualità di Pietro che lo avevano portato ad essere designato come la prima pietra (in ordine di tempo) da fondamenta cementata dell’edificio potessero essere espressione interiore ed esteriore in tutti gli ipotetici successori di Pietro nella storia secolare della Chiesa. Pietro, inoltre, non fu designato come Capo dell’edificio di Cristo sulla terra e questo lo si vede bene dagli scritti nuovo-testamentari.
I teologi cattolici ripiegano a ciò dichiarando che questa era un dogma destinato a comprendersi meglio nell’evolversi della storia della Chiesa (circa cinque secoli dopo che essa nacque…).
Ma come si può pensare che delle parole, riferite da Gesù, direttamente e personalmente, all’apostolo Pietro, le quali non furono comprese dall’apostolo nel senso cattolico (pur avendo ricevuto lo Spirito Santo a Pentecoste, la potenza della conoscenza ed essendo egli stesso l’interlocutore diretto di Gesù di tali parole; inoltre la Chiesa primitiva, ricolma com’era dello Spirito Santo e dell’istruzione potente degli apostoli, non intese mai Pietro come Capo), siano, invece, state comprese, meglio del diretto interessato (Pietro), cinque secoli dopo, da persone che, inoltre, non sono state le riceventi di tale messaggio?
I re hanno i loro successori di sangue, eppure, a volte, anche questi vengono succeduti al trono da un’altra stirpe regale (o anche per niente regale); perché mai Dio avrebbe dovuto, o voluto, lasciare nelle mani di un solo uomo il potere e l’autorità di cambiare dottrine, dogmi di fede e quant’altro (o di inventarne a piacimento) nella sua Chiesa? Vi sono stati nella storia della Chiesa Cattolica numerosissimi Papi; quanti di questi sono confrontabili con esito positivo con la persona di Pietro? Quanti di questi, invece, hanno fatto cose abominevoli nel nome di Dio (Inquisizione, Crociate, assassini…)? Non disse forse Gesù che le porte dell’Ades non avrebbero mai vinto contro la sua Chiesa? Infatti, Gesù affermò che quando Egli sarebbe tornato solo un piccolo gregge (ma fedele però) sarebbe stato pronto ad accoglierlo in quanto fedele alla sua Parola. Parlava forse di una grande Chiesa Cattolica gerarchica mondiale? No, di certo! L’uomo rimane un peccatore anche quando agisce con giustizia, egli non può essere Capo di una cosa santa come la Chiesa di Gesù Cristo.
L’infallibilità papale, inoltre, è un’altra grave iniquità cattolica, dichiarata nel 1870 dogma di fede. Il Papa, secondo i teologi cattolici, è infallibile nelle cose che riguardano la dottrina, i dogmi e la morale. Niente di più falso e iniquo. Pietro non fu in alcun modo ritenuto infallibile e nemmeno un Capo, ma un simbolo da seguire nella fede, come, del resto, gli altri apostoli. Egli fu la prima pietra storica dell’edificio di Gesù Cristo.
Anche Abramo ebbe il cambiamento del suo nome in Abraamo, perché sarebbe stato il padre di una moltitudine (la generazione santa) e ciò fu detto ad Abraamo in un dialogo diretto con Dio, come avvenne tra Simone (Pietro) e Gesù; si può citare anche Giacobbe che ebbe da Dio il nuovo nome Israele, perché sarebbe stato il capostipite delle dodici tribù d’Israele (che erano sua discendenza); e anche qui avviene un dialogo personale con Dio. Di Abraamo e di Giacobbe non vi sono stati alcuni successori, in quanto il dialogo ci fu tra ognuno di loro e l’Iddio; non avrebbe avuto senso che qualcun altro si attribuisse le personali benedizioni dirette solo a loro.
Come può allora qualcun altro, parlando del caso di Pietro, attribuirsi le benedizioni personali rivolte solo a Pietro, per di più inventando abominevoli teorie che sono antibibliche? Infatti, i fantomatici successori di Pietro sostenevano e sostengono che egli fu Capo della Chiesa (in quanto ciò tornava, e torna, di loro interesse), che era infallibile e quant’altro. Menzogne assurde piene di malizia, iniquità, e interessi personali.
Abraamo, ad esempio, dimostrò di essere pronto a sacrificare il proprio figlio nell’ubbidienza a Dio e ciò fu gradito all’Altissimo (la fede nell’ubbidienza assoluta), come possiamo, ad esempio, pensare anche solo lontanamente, che possa esserci un altro successore di Abraamo e che possa attestare di avere la stessa autorità e l’onore conferiti da Dio alla persona di Abraamo? È Abraamo che fu pronto a sacrificare suo figlio, è Abraamo che parlò con Dio in modo personale, è Abraamo che fu gradito a Dio, ma un suo successore dovrebbe asserire di avere l’autorità e l’onore conferiti solo ad Abraamo, senza che sia o possa essere lontanamente identificabile con la persona, la vita e le esperienze anche di fede di Abraamo.
Ciò vale anche, per quanto stiamo discutendo, riguardo alla questione di Pietro. Gesù tali parole le diresse esclusivamente alla persona di Pietro e nessun altro può attribuirsi alcun tipo di onore destinato solo a lui, il quale fu, inoltre (a differenza dei suoi fantomatici successori), testimone oculare della vita, morte, resurrezione e ascensione di Gesù; tali asserzioni furono indirizzate solo a lui e non ai suoi ipotetici successori, e lui solo le meritò per la sua confessione di fede; nessun altro può, in quanto mancante di questi requisiti, attribuirsi l’onore dato a Pietro dal Signore; inoltre, quest’onore, dato a Pietro dal Signore, non fu un onore di supremazia o di autorità e di garanzia di infallibilità sulla terra. Per di più è certo che Gesù non designò nessun successore della persona di Pietro.
Gesù può essere presentato come la pietra angolare da fondamenta dell’edificio, ma, allo stesso tempo, anche come l’infinita ‘roccia’ sulla quale l’edificio viene completamente edificato a partire dalle pietre da fondamenta fino ad arrivare ai piani alti dell’edificio, costituiti dalle altre pietre vive (gli altri credenti), le quali sono state collegate sulle pietre da fondamenta. Simone ebbe il nome nuovo di Pietro da Gesù, perché confessando il Figlio dell’uomo, come il Cristo, il Figlio del Dio Vivente, divenne una ‘pietra viva’ quasi pronta per essere collocata alla base dell’edificio ed allineata alla pietra angolare da fondamenta (Cristo Gesù).
Pietro diviene così una pietra pronta per essere cementata, ma bisognerà aspettare che sia completamente vivificata a Pentecoste. Le pietre da fondamenta (Pietro e gli altri apostoli) si collocarono e furono allineati secondo l’allineamento predestinato dal posizionamento della pietra angolare da fondamenta. Pietro, credendo fermamente nella figura di Gesù come Messia e Figlio di Dio, è quasi pronto per essere collocato e allineato alla pietra angolare maestra (la testimonianza di Gesù). Ciò avverrà a Pentecoste.
Così Pietro diviene una ‘pietra’ già pronta che sarà vivificata a Pentecoste. Prima dell’ascensione, Gesù gli dice di pascere i suoi agnelli, le sue pecorelle, non nel senso che sarebbe dovuto diventare il Capo infallibile della Chiesa, ma nel senso che, semplicemente, egli, con la sua esperienza del rinnegamento, dell’angoscia provata e della lezione fondamentale che aveva imparato nella vita di un cristiano, quando sarebbe stato vivificato a Pentecoste avrebbe dovuto avere la forza di rincuorare gli altri (quelli deboli e immaturi nella fede), i quali presi dalla debolezza e dall’insicurezza, sopraggiunte alla partenza di Gesù verso il cielo, si sarebbero trovati in una situazione, in qualche modo, paragonabile a quella vissuta settimane prima da Pietro.
Egli avrebbe dovuto avere la fortezza di spirito per predicare con forza la Parola di Dio a Pentecoste. Pietro aveva sempre avuto un carattere predominante e tanto più, in quel tempo, doveva, ripieno di Spirito Santo, sopportare una fatica maggiore nella predicazione, finché anche gli altri, più gradatamente, l’avrebbero successivamente seguito con la stessa potenza di Spirito e di certezza di fede. I teologi cattolici vedono il conferimento a Pietro dell’autorità di Capo Supremo della Chiesa in questi versi di Giov. 21:15-19; chiederei ai teologi cattolici: come mai Pietro invece di gioire ed esultare, a questo vostro supposto conferimento da parte di Gesù, si sentì invece rattristato ed angosciato? Il triplice rinnegamento aveva, temporaneamente, escluso Pietro dalla missione di apostolo, ma con la triplice risposta d’amore nei confronti di Gesù, Cristo stesso riammette Pietro nella sua missione; egli capisce che si tratta di ciò e se ne rattrista, perché percepisce maggiormente quanto grave sia stato il suo rinnegamento per aver avuto bisogno di tutto questo da parte di Gesù.
Con il “pasci i miei agnelli, le mie pecorelle” Gesù non gli vuol dire altro che con la sua forza innata, derivante dal suo carattere predominante, egli avrebbe dovuto sopperire alla temporanea debolezza e insicurezza di alcuni discepoli più deboli nella fede causata dalla definitiva partenza di Gesù al cielo. Nulla di tutto quello che la Chiesa Romana sostiene, iniquamente, di vedere, in questi versi, c’è veramente, se non l’onore e la forza spirituale che Pietro avrebbe dovuto avere inizialmente nella predicazione agli inizi della Chiesa nascente a un popolo acerbo alla verità e alla genuina dottrina di Cristo.
Argomentazione specifica riguardo al passo di Matteo:
Alla domanda di Gesù: “chi dice la gente che io sia?” gli apostoli risposero che il popolo pensava a Lui come ad un profeta di Dio. Quando Gesù ripiegò la stessa domanda sui suoi apostoli Simone (Pietro), con il suo fervore per Gesù e il suo carattere predominante, si fece avanti e rispose a nome di tutti: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio Vivente”.
Ripieno di certezza di fede, riguardo alla messianicità di Gesù e alla sua figliolanza con Dio (certezza che, secondo le Scritture, proveniva dall’azione potente, suscitata in quel momento, della Spirito del Padre Celeste), Simone affermò che quel Gesù, che tanto amava e seguiva, era il Cristo aspettato e profetizzato dai profeti, era il Figlio di Dio.
Affermazione difficile da conciliare con la personalità di Simone, in quanto lui era di carattere impetuoso, emotivo e di temperamento forte. Come poteva aspettarsi che il Cristo, che tutti aspettavano come Colui che avrebbe, con la forza, liberato i giudei dall’oppressione dei romani e reso Israele glorioso, fosse quel Gesù che egli aveva davanti e che era alieno da tali idee in quanto era un pacifista? Come poteva esserci tale certezza in Pietro, se non per rivelazione e potenza divina?
A ciò Gesù replica (qui argomentato -dopo aver ampiamente esaminato il passo in oggetto- con parole del sottoscritto -per renderlo più chiaro-): “Tu sei beato Simone, figlio di Giona, perché ciò che hai appena confessato con decisione attesta che lo Spirito del Padre mio Celeste è sceso, per un momento, su di te rivelandoti, con certezza, la mia natura e realtà messianica”. “Il tuo fervore per me, per la mia natura umana, ti ha permesso di conoscerne anche quella divina; per questo sei beato; ciò che tu hai detto, con tale decisione e certezza di convinzione, non viene dalla tua carne, ma dal Padre mio Celeste”.
“Con questo ho anch’io qualcosa da dirti: il Padre mio ti ha rivelato chi sono io ed io ti rivelerò chi e cosa sarai tu. Quando ti scelsi ti annunciai che in futuro saresti stato chiamato Cefa (Giov. 1:42), ebbene oggi ti dico: tu sei pietra è su questa pietra (“tu sei Cefa e su questa Cefa [in aramaico]”, “tu sei Petros e su questa petra [in greco]”), quando il momento verrà (a Pentecoste), edificherò la mia Chiesa. Questa pietra, quale tu sei, ma anche altre pietre (gli altri apostoli) serviranno da fondamenta, una volta per sempre, alla base del mio edificio. Voi sarete allineati, secondo ordine divino, da me pietra angolare da fondamenta. Su queste pietre da fondamenta cementerò altre pietre vive e ne farò il mio edificio, la mia Chiesa. Io costruirò, io edificherò e ne sarò anche l’architetto”.
“La testimonianza terrena del Figlio dell’uomo, fino alla sua ascensione al cielo, rappresentata completamente dalla pietra angolare maestra da fondamenta, servirà all’allineamento di voi, pietre da fondamenta; da essa voi dipenderete in modo esclusivo. Ciò avverrà per opera dello Spirito Santo. Altre pietre vive (non da fondamenta) si collocheranno sulle pietre da fondamenta (gli apostoli e Gesù, pietra angolare); saranno cementate pietre su pietre, sempre per opera dello Spirito Santo, e ciò avverrà fino al mio ritorno. Questo edificio crescerà come un qualcosa di cui non se ne riesce a vedere la cima. La testimonianza resa dal Figlio dell’uomo (pietra angolare), tramandata da voi pietre da fondamenta, sarà sigillata per sempre nella verità, per questo gli attacchi mortali del peccato, la morte stessa, la potenza di Satana, e le bufere secolari perverse non riusciranno a demolire il mio edificio (la Chiesa), non riusciranno mai ad interrompere l’edificazione dell’edificio perché l’allineamento con la pietra angolare maestra (Gesù), alla quale sarete voi destinati, renderà la base e, quindi, l’edificio intero saldo e forte per sempre”.
“Tu avrai l’onore di essere storicamente, in ordine di tempo, la prima pietra viva posta come fondamenta nel mio edificio. Come Abramo fu chiamato da Dio Abraamo, perché sarebbe stato padre di una moltitudine per via della sua alleanza con il Divino, e Giacobbe ebbe tramutato il suo nome (da Dio) in Israele, perché sarebbe stato il capostipite del popolo di Dio, tu, Simone, vieni oggi chiamato da me pietra (Cefa), in quanto avrai l’onore di essere la prima pietra viva (da fondamenta) in ordine di tempo, del nuovo patto, della nuova alleanza, del mio edificio; avrai l’onore di essere l’uomo che sarà l’iniziatore umano della mia Chiesa con potenza di Spirito Santo e di predicazione(a Pentecoste)”.
“Per poter dare inizio a ciò, quando il tempo verrà (a Pentecoste e anche per un certo tempo dopo), ti darò le chiavi del regno dei cieli. Come Mosè ebbe le sue chiavi, nell’antico patto, nella forma di leggi e comandamenti che legò al popolo d’Israele, affinché questi avesse grazia dall’Onnipotente, e sciolse le tradizioni idolatriche assimilate in Egitto, tu avrai le chiavi del regno dei cieli, della Chiesa, poiché proclamerai, una volta per sempre, i nuovi ordinamenti, per mezzo dei quali poter entrare nella nuova alleanza, nella Chiesa. Tu legherai talune cose e ne scioglierai delle altre. Tutto quello che lo Spirito Santo ti susciterà e comanderà di fare, riguardo ai giudei e ai pagani, sarà legge perenne (leggere Atti 2:14-41 riguardo alla Pentecoste e Atti 10:1-18; c. 15:7-11 riguardo alla storia di Cornelio e della sua famiglia e alla predicazione a loro rivolta da Pietro che diede inizio all’entrata dei pagani nella Chiesa). Tu proclamerai, per primo, con potenza (a Pentecoste), gli ordinamenti di Dio; aprirai, ufficialmente, con la tua predicazione, la porta del regno dei cieli ai giudei, e in seguito anche ai pagani”.
“Tutto quello che legherai in terra, sarà legato nei cieli, e tutto quello che scioglierai in terra, sarà sciolto nei cieli; tu, onorando la testimonianza ricevuta da me, legherai nella mia Chiesa, per mezzo delle chiavi che io ti darò, il battesimo dietro conversione e ravvedimento per la remissione dei peccati, sia ai giudei che ai pagani, e scioglierai la circoncisione della carne riguardo ai giudei e proclamerai a tutti la circoncisione del cuore. Tutto questo sarà legge perenne. Tu darai l’inizio, ma l’opera di predicazione e di evangelizzazione la farete voi tutti per mezzo dello Spirito Santo”.
“Queste chiavi saranno usate per legare e per sciogliere, una volta per sempre, da te, per mezzo dello Spirito Santo, talune cose. Come Mosè diede, una volta per sempre, le leggi (il decalogo), tu, così, darai, una volta per tutte, gli ordinamenti necessari per mezzo dei quali poter entrare nel regno dei cieli, la Chiesa. Queste chiavi non sono un qualcosa che si può o si deve trasmettere a qualcun altro, perché esse sono date a te solo e per adempiere un compito temporaneo. Io (Gesù) sono la porta del cielo e io solo ho la chiave del Paradiso, la vita eterna. Io ho autorità su tutta la creazione; le chiavi, che do a te, sono di tutt’altro genere; queste servono a proclamare con potenza e con diritto gli ordinamenti necessari per poter entrare nella Chiesa e, di conseguenza, dalla porta del cielo ed avere la vita eterna. Questa porta del cielo, con la mia resurrezione e ascensione, sarà sempre spalancata, aperta, una volta per tutte, e nessuno potrà mai chiuderla, perché io solo ne ho la chiave”.
I farisei e gli scribi avevano perso la facoltà, ovvero, la chiave della scienza, di interpretare correttamente e giustamente le leggi e i comandamenti mosaici, perché erano ripieni di tradizioni umane e d’ipocrisia. Come allora, anche oggi, molti hanno perso, da tempo, la facoltà, ovvero, la chiave della scienza, di interpretare le verità del messaggio dell’evangelo, perché pieni di tradizioni umane e d’ipocrisia. Le chiavi del regno dei cieli le ha usate Pietro, una volta per sempre, elencando cosa era necessario per entrare nella Chiesa di Gesù, proclamando anche la salvezza ai pagani per ordine divino (Atti 10:10-17) e, infine, sciogliendo la circoncisione della carne, tanto cara ai giudei di quel tempo. Nessuno, oggi, può dire di avere le chiavi del regno dei cieli, altrimenti ciò vorrebbe dire che qualcuno potrebbe ‘legare o sciogliere’ talune cose riguardo al regno dei cieli (la Chiesa) e addirittura ‘sciogliere’ ciò che prima Pietro ha ‘legato’ o ‘legare’ ciò che prima Pietro ha ‘sciolto’.
Riguardo alla legge dell’antico patto nessuno poté togliere o aggiungere nulla a quanto detto e rivelato da Dio a Mosè e attraverso di lui al popolo, perché solo egli ebbe l’onore di avere le chiavi del Patto (dell’antico Patto) nella forma di comandamenti e leggi divine. Inoltre, non vi era nessuna necessità che qualcun altro avesse l’onore che ebbe Mosè, perché non vi era alcunché d’aggiungere o da cambiare alla legge divina, e questo vale anche nei riguardi di Pietro e delle chiavi del regno dei cieli. Nessun altro poteva e poté cambiare o aggiungere qualcosa. I credenti oggi hanno le chiavi della scienza, ovvero le chiavi dell’evangelo o della verità, che possono aiutare gli altri a riconoscere la giusta via per entrare nella Chiesa di Cristo e, in seguito, nella porta spalancata del cielo per vivere in eterno. Nessuno può aggiungere o togliere nulla, in quanto le chiavi del regno dei cieli furono affidate solo a Pietro e solo per breve tempo.
“Ma ora non è arrivato ancora quel momento, per cui non dite a nessuno ciò che è stato rivelato a mio riguardo, perché finché il Figlio dell’uomo non sarà stato crocifisso, risorto e asceso al cielo, ciò non sarà pienamente comprensibile a voi, e soprattutto agli ebrei e al mondo intero; essi vedrebbero nel Cristo una missione estranea a quella voluta dal Padre mio”. “Ciò però sarà possibile quando la mia testimonianza sarà compiuta; lo Spirito Santo scenderà su di voi, sarà con voi e in voi; vi aprirà le menti e comprenderete la pienezza della mia Deità e dell’opera mia”.
MA PIETRO FU A ROMA?
Oggi nessuno studioso cattolico ‘serio’ asserisce più che Pietro sia rimasto a Roma per venticinque anni; ciò contrasterebbe sia con la cacciata degli ebrei da Roma, al tempo di Claudio, sia con la presenza di Pietro a Gerusalemme, durante il convegno apostolico (nell’anno 50 d.C. circa). La tradizione leggendaria e l’ipotesi della sua lunga permanenza a Roma è contraddetta da alcuni dati biblici indiscutibili. La verità è che la tradizione della lunga permanenza di Pietro, a Roma, è derivata da fantasticherie leggendarie innumerevoli. Ma vediamone i punti a sfavore di tale tesi cattolica attraverso alcuni passi biblici.
Nel 42 d.C. circa, Pietro lascia Gerusalemme per recarsi ad Antiochia, dove Paolo lo trova poco dopo (Galati 2:11).
Nel 50 d.C. circa v’è la riunione degli apostoli e anziani a Gerusalemme e in essa Pietro non parla affatto di un suo lavoro svolto tra i gentili (i pagani), ma s’accontenta di riferire il fatto del battesimo di Cornelio. Sono Barnaba e Paolo che parlano, invece, della loro missione tra i gentili (Atti 15:1-12).
Nel 57-58 d.C. circa, quando scrive ai romani, Paolo, pur affermando di non voler lavorare in campo altrui, non dice affatto che la chiesa di Roma era stata evangelizzata da Pietro, come sarebbe stato logico.
Nel 63/64 d.C. circa, scrivendo le sue lettere dalla prigionia, Paolo mai allude alla presenza di Pietro. Inoltre, gli ebrei residenti a Roma desiderano sapere qualcosa di questa nuova ‘via’, la quale è tanto avversata, come se nulla sapessero, il che sarebbe stato assurdo, qualora Pietro fosse stato a Roma. Infatti, Pietro, in quanto apostolo dei giudei (Galati 2:9), come minimo (se fosse stato già a Roma), avrebbe evangelizzato prima la comunità ebraica romana (o almeno avrebbe dovuto farlo in più di venti anni di permanenza), e solo in seguito magari avrebbe potuto predicare ai pagani in formula piena; ma siamo già nel 60-61 d.C. circa e la comunità ebraica quasi nulla sapeva della nuova ‘via’, se non che trovava opposizione dappertutto: Atti 28:17,20-29.
In conclusione, Pietro non può essere risieduto a Roma prima della carcerazione (a Roma) di Paolo che avvenne nel 60-61 d.C. circa. È da notare come sono proprio i notabili fra i giudei, con i quali Paolo colloquia, che non sanno quasi niente riguardo la nuova ‘via’ (Atti 28:17,21-22), e questo sarebbe davvero strano, qualora Pietro fosse stato a Roma prima e, oltretutto, per più di venti anni. Nel 64 d.C. circa v’è la persecuzione di Nerone con la probabile morte di Pietro.
Si può, quindi, concludere che Pietro non fu affatto il fondatore della chiesa di Roma (questa chiesa, al contrario del pensiero di molti teologi cattolici, era già esistente quando Paolo vi pervenne -Romani 15:22-24; ecc.- e probabilmente sorse ad opera di avventizi romani -Atti 2:10- convertitisi il giorno di Pentecoste o in seguito) e che se vi andò, come oggi appare quasi certo, vi giunse solo pochi mesi prima di subire il martirio o addirittura solo ed esclusivamente per questo.
Nell’epistola ai romani c. 16:1-16, scritta da Paolo, da Corinto, nell’anno 57-58 d.C. circa, egli rivolge i saluti a ventisei componenti della comunità cristiana romana, ma ‘stranamente’ non figura il nome di Pietro, e questo è, in modo molto determinante, a svantaggio della tesi della Chiesa Cattolica visto che era oltremodo impossibile che Paolo elencasse i nomi di cristiani meno conosciuti e meno ‘importanti’ senza elencare, ‘dimenticandolo’, quello assai ben più conosciuto e ‘importante’ di Pietro, per non parlare poi, se questi fosse stato, come dicono i teologi cattolici, il Papa, il Capo della Chiesa. Anche da questo passo si capisce bene come Pietro non fosse a Roma in quel periodo.
Dopo aver preso una casa in affitto a Roma per due anni (Atti 28:30), verso l’anno 63 d.C., Paolo scrisse una lettera ai colossesi. Questa lettera termina con i soliti saluti dei fratelli della chiesa di Roma, e dei compagni di prigionia, ma nessuna notizia di Pietro. Alla fine della breve lettera a Filemone (scritta a Roma e diretta a Filemone) Paolo invia i soliti saluti dei componenti della comunità cristiana romana (c. 1:23-24), ma nessuna menzione si fa di Pietro.
La tradizione cattolica dice che Pietro fu martirizzato nell’anno 67 d.C. quando fu ucciso Paolo, il quale scrisse da Roma, circa in quel periodo, la sua seconda lettera a Timoteo. Al termine di questa lettera, Paolo riferisce: “Quanto a me io sto per essere offerto in libazione, e il tempo della mia partenza è giunto” c. 4:6; “Solo Luca è con me…” v. 11; “Nella mia prima difesa nessuno si è trovato al mio fianco, ma tutti mi hanno abbandonato..” v. 16. Nessuna notizia di Pietro.
Come poteva non nominarlo se egli fosse stato a Roma? Un altro argomento lo si vuol trovare nel saluto di Pietro, alla fine della sua prima epistola: “La chiesa che è in Babilonia, eletta come voi, vi saluta” 1 Pietro 5:13. Babilonia, che è qui il nome di un luogo, i teologi cattolici la presentano, invece, come un nome simbolico di Roma, assai amato nell’apocalittica sia giudaica che cristiana.
È tuttavia necessario comprendere che tale simbolismo se è naturale nella letteratura apocalittica, volutamente misteriosa, non lo è affatto in una lettera che non contiene alcuna allusione diretta a Roma. In questo caso mi sembra più normale intendere Babilonia nel suo ovvio senso geografico e ricercarla in Egitto o nella Mesopotamia. Infatti, dal tempo della deportazione dei giudei in Babilonia vi erano rimasti fino a quel tempo ancora molti giudei in quelle terre, e Pietro, essendo l’apostolo dei circoncisi, trova tempo di predicare agli ebrei residenti ancora nei territori di Babilonia.
Anche per quanto riguarda il passo di Atti 12:17: “…Quindi uscì e se ne andò in un altro luogo” è inutile asserire, come fanno molti teologi cattolici, che questo luogo, in cui Pietro andò, stia ad indicare la città di Roma, il cui nome sarebbe stato nascosto per non danneggiare Pietro. Che ragione c’era di tacere tale nome in un libro scritto molti anni dopo quando, probabilmente, Pietro era già morto? L’assenza del luogo, invece, indica solo che da quel momento Pietro iniziò la sua attività di apostolo itinerante (viaggiatore) in mezzo ai giudei, anziché rimanere stabilmente fisso a Gerusalemme come era avvenuto per gli anni precedenti.
In conclusione, ritengo di poter affermare che Pietro possa essere stato a Roma, ma non a fondarne la chiesa, in quanto perfino quando vi va Paolo essa è già esistente (senza dimenticare tutti gli altri suddetti motivi). Per svariate motivazioni credo, comunque, che Pietro vi sia andato, tuttavia solo alcuni mesi prima di essere martirizzato o addirittura esclusivamente per questo. Molte leggende fantasiose lo sono, sì, nei contenuti e nelle forme, ma è anche vero che una leggenda, in generale, non nasce senza alcun motivo.
È probabile, invece, anzi è quasi certo, che la breve permanenza di Pietro a Roma, mesi prima di essere martirizzato, abbia dato luogo, nei secoli, alle più svariate leggende, con le più fantasiose forme e contenuti, dalle quali la Chiesa Cattolica, assai spesso, prende le giustificazioni per le sue teorie riguardo alla persona di Pietro.
La verità è, invece, che da parte della Chiesa Romana si vogliono trovare, a tutti i costi, giustificazioni per quanto riguarda la propria supposta superiorità sulle altre Chiese con la presunta permanenza prolungata di Pietro a Roma per venticinque anni, circostanza che, come abbiamo visto, invece, risulta impossibile dal contenuto dei passi biblici prima citati.
Quando Paolo scrisse da Roma la sua seconda lettera a Timoteo al termine di questa, al capitolo 4:6-22, scrive: “Quanto a me, io sto per essere offerto in libazione, e il tempo della mia partenza (dipartita) è giunto. Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede. Ormai mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione. Cerca di venir presto da me, perché Dema, avendo amato questo mondo, mi ha lasciato e se n’è andato a Tessalonica. Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia. Solo Luca è con me…Tichico l’ho mandato a Efeso…Erasto è rimasto a Corinto; Trofimo l’ho lasciato ammalato a Mileto. Cerca di venire prima dell’inverno. Ti salutano Eubulo, Pudente, Lino, Claudia e tutti i fratelli…”. Di Pietro nessuna notizia; come poteva non nominarlo? Lo stesso discorso vale per Romani 16:1-16. L’apostolo Pietro non ha scritto nessuna epistola (almeno fra quelle che ci sono pervenute e che sono ritenute ispirate) né alla chiesa di Roma né da Roma. Anche in questo punto si tratta di una opportuna trovata ecclesiastica cattolica.
La Sacra Bibbia non sa nulla di una ‘Cattedra di Pietro’, nemmeno di un ‘Vicario di Cristo’, o di un ‘Capo Pontefice’. Tutto ciò è frutto di una secolare tradizione umana e pagana che non ha nessun fondamento scritturale. Secondo l’epistola di Paolo ai Galati (c. 2:7-9), Pietro (Cefa), Giovanni e Giacomo, con Paolo e Barnaba, fecero un accordo tramite stretta di mano secondo cui Paolo e Barnaba avrebbero operato tra i gentili (tra i pagani; e i romani erano appunti pagani) e Pietro, Giacomo e Giovanni tra i giudei (i ‘circoncisi’, gli ebrei, per l’appunto.).
Pietro non poté stare a Roma per venticinque anni e nemmeno per un supposto lungo periodo né tanto meno può essere stato lui ad avere fondato la chiesa a Roma. Egli era stato designato come apostolo per i circoncisi (i giudei, gli ebrei): Galati 2:7-9. Egli svolse il suo ministero dedicandosi per la maggior parte del suo tempo e dei suoi anni ai circoncisi (ebrei) e non ai pagani. Pietro non poté stare tutto quel tempo tra i pagani romani, perché il suo ministero richiedeva diversamente né poté tanto meno fondare la chiesa a Roma.
Il nome ‘Papa’ era anticamente attribuito ai vescovi e patriarchi che avevano un incarico di una certa responsabilità, fu poi da un decreto di Gregorio VII (1073) riservato solo al Vescovo di Roma, Capo supremo della Chiesa Cattolica. I Concili e i Papi si sono spesso contraddetti tra loro; la semplice numerazione delle contraddizioni, intorno a quanto concerne il culto, i sacramenti, la legge, ecc., riempirebbe interi volumi, questo a prova della loro non infallibilità. Pietro, rivelando Gesù come il Cristo, il Figlio del Dio Vivente, contrariò anche quanto si pensava riguardo alla Persona del Messia, il quale si credeva sarebbe stato solamente il ‘figlio’ di Davide, ovvero un semplice uomo discendente da Davide. Gesù discendeva nella carne da Davide, ma nella divinità dal Padre Onnipotente.
Questa idea del Messia, come semplice ‘figlio’ di Davide, derivava da una interpretazione limitata delle Sacre Scritture riguardo alla Persona del Gesù Messia. Nessun testo biblico afferma che gli apostoli dovevano avere dei successori e tanto meno Pietro. La loro persona è unica e non trasmissibile, perché essa dipende principalmente dal fatto che essi furono i testimoni oculari del ministero di Gesù, e questo per definizione non può essere trasmesso.
Notare anche come, per rimpiazzare il posto dell’apostolo Giuda Iscariota, si scelse premurosamente fra coloro che erano stati testimoni dell’intero ministero di Gesù, dal battesimo di Giovanni il Battista all’ascensione di Gesù al cielo: Atti 1:21-22. Non si scelse un semplice credente. Tutto ciò, per ovvi motivi, non può essere trasmissibile. Anche se alcuni ebbero il nome di apostoli, e ancora oggi è lecito che sia così, lo furono e lo sono (come avviene in molte Chiese evangeliche) non come successori dei dodici, ma come uomini il cui ministero è di messaggeri, di ambasciatori potenti della Parola di Dio; ministero che indica spesso una vita itinerante; queste persone li si riconosce per la potenza e l’effetto della loro evangelizzazione e la dottrina di Cristo che è in loro. Volendo pure supporre per un momento che Gesù abbia realmente voluto dare un primato a Pietro, che c’entrano gli altri individui succedutisi di epoca in epoca? È scritto forse da qualche parte nella Scrittura che egli avrebbe dovuto avere dei successori? Non risulta fin troppo chiaro che il discorso avvenne fra la Persona di Gesù e la persona di Pietro per disegno e volontà di Dio e per la fede e le parole dall’apostolo professate? Che c’entrano dei suoi pseudo successori, i quali non rientrano, in alcun modo, nel contesto della narrazione di Matteo?
Si noti come al Concilio di Gerusalemme (Atti 15:13-19) chi presiede è Giacomo e non Pietro, e ciò sarebbe strano se questi fosse stato il Capo della Chiesa. In Galati 2:9 si noti come il nome di Pietro, nell’elencazione che viene fatta, è al secondo posto e su di un piano d’uguaglianza. In Matt. 16:18 è forse scritto: “tu sei Pietro e sarai Capo della mia chiesa?” Non è forse scritto solamente: “..tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa?”. Questo verso ha forse il significato espresso dalla prima frase? Cioè, è scritto, forse, che Pietro sarebbe stato il Capo della Chiesa di Cristo? No, di certo!
In Matt. 16:18 è scritto, forse, che Pietro doveva essere il Capo della Chiesa di Gesù, della quale solo il Cristo è Capo? Seppure fosse scritto così (e ciò non è vero) non sarebbero state parole rivolte solo a Pietro apostolo? Gesù rivolse queste parole anche agli immaginari successori di Pietro? Gesù parlò di successori di Pietro in questo passo? Parlò forse di un primato di Pietro? Chi ha poi detto e dov’è scritto che debbano esserci dei successori di Pietro? Abraamo ebbe forse dei successori (egli fu designato come “padre di una moltitudine”: Genesi 17:4-5)? No, di certo! Li ebbe forse Giacobbe capostipite delle dodici tribù di Israele? No, di certo!
Innanzitutto, Pietro non fu designato da Gesù come Capo della Chiesa; Cristo disse semplicemente: “tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa…”, quindi, “la mia chiesa”, è di Cristo Gesù e di nessun altro. Gesù voleva dire: “tu come una pietra servirai alla costruzione della base del mio edificio”.
La ‘pietra’, Pietro, si trova alla base dell’edificio (Chiesa), come pietra da fondamenta; disporre dei successori di Pietro, e per di più come Capi della Chiesa intera, sarebbe come voler far cascare l’edificio intero a terra ed erigerne uno nuovo (ogni volta che viene eletto un successore di Pietro), e porre nuovamente le pietre da fondamenta, tra cui la pietra da fondamenta, Pietro.
Ciò non è ammissibile. Del resto, poi, non solo Gesù non designò Pietro come Capo della Chiesa in terra, ma non ordinò neanche dei successori degli apostoli, e Pietro stesso non fu mai Capo nel suo ministero e tanto meno mai lo richiese. Tempo dopo le parole di Gesù del passo di Matt. 16:18, i discepoli disputarono per sapere chi tra loro fosse il maggiore, il primo (Matt. 18:1-4; Matt. 20:20-27; Luca 22:24-27; Marco 9:34-35), questo ci fa capire come i discepoli non avevano per niente inteso, dalle parole di Gesù dette a Pietro, che questi fosse stato designato come Capo. Gesù a tali discorsi, se Pietro fosse stato designato da Lui come Capo, poteva ben rispondere positivamente nei riguardi di Pietro, dichiarando che egli era il maggiore di loro, ma invece non rispose mai che il primo o il maggiore fosse Pietro, ma ben altro. Pietro non è mai stato Capo della Chiesa, non è la ‘roccia’ della Chiesa.
L’unica ‘roccia’, secondo le sacre Scritture, è Dio, è Cristo Gesù: 2 Samuele 22:2-4; c. 22:32; c. 22:47; Salmo 18:2,31,46; c. 19:14; c. 28:1; c. 31:3, c. 62:2,5-8; c. 94:22; Isaia 26:4; c. 44:8. I credenti circoncisi, in Atti 11:2-3,17-18, contestarono Pietro, ed egli fu tenuto a giustificarsi davanti a loro. Ciò non si concilia bene nei confronti di una persona ritenuta infallibile e Capo Supremo della Chiesa sulla terra.
Nel libro degli Atti è detto che Paolo e Barnaba “salirono a Gerusalemme dagli apostoli e anziani” per trattare la questione di Atti 15:2-4, non viene detto però che essi dovevano andare da Pietro Capo, come era logico, in tal caso, che si facesse. Matt. 23:8-12; non si deve chiamare nessuno ‘Padre’ in senso spirituale (‘Santo Padre’, ‘Papa’, ‘Pontefice’, ‘Sua Santità’, ecc.).
Potete provare voi, teologi cattolici, che Pietro fosse il primo Papa? C’è un solo passo che lo dichiari o che possa confermarlo? Potete provare che egli abbia esercitato l’ufficio di Papa in Roma per venticinque anni? Che egli fosse ‘il Principe degli apostoli’, il Capo visibile della Chiesa di Cristo? Che egli avesse ricevuto dal Signore ‘la Suprema Pontificia Potestà’, cioè il primato di giurisdizione su tutta la Chiesa Cristiana? (Leggere: Matt. 20:25-28). Che tali ipotetici poteri di Pietro fossero poi stati trasmessi, subito dopo la sua morte, a vescovi di Roma, fino al giorno d’oggi? Che Pietro abbia mai chiesto o accettato onori (Atti 10:25-26) dagli uomini o addirittura doni (Atti 3:6; c.8:20) per accumularsi un tesoro d’argento, di oro e quant’altro, da chiamarsi ‘Tesoro di San Pietro’? Che Pietro abbia mai accettato onori mondani, come l’essere portato sulle spalle di uomini sulla ‘sedia gestatoria’, il bacio del piede, ed altri onori dai pagani d’allora? (Leggere: Atti 10:25-26).
Pietro non fu mai Papa. Non fu neanche cattolico romano, perché ai suoi tempi non esisteva il cattolicesimo romano. Egli era stato un pescatore ed era sposato, non fu mai Capo della Chiesa di Cristo, mai pretese tale carica che, inoltre, non esisteva, e mai fu riconosciuto come Capo dagli altri apostoli. Potete provare voi, teologi cattolici, che il Papa sia effettivamente Vice regnante di Dio sulla terra e Vicario di Gesù Cristo?
Molti di questi ‘Vicari’, nei secoli, hanno ordinato l’invio di eserciti crociati per uccidere, roghi, Inquisizione, torture, esecuzioni, proibizioni, pene di morte, ecc.. Potete provare che il Papa possa promettere indulgenze speciali e la remissione dei peccati durante l’anno Santo ogni venticinque anni a coloro che vanno a Roma a visitarlo? Che il Papa debba avere un regno temporale, essendo ‘Sovrano dello Stato della Città del Vaticano’, con soldati (guardie svizzere) e guardie del corpo armate? Che il Papa possa canonizzare delle persone, cioè dichiarare ‘santi’ certuni per farli venerare e invocare? (I santi sono tutti i credenti rigenerati, i convertiti al Signore, che fanno la volontà di Dio: 2 Corinzi 1:1; Filippesi 1:1; Colossesi 1:2). Che il Papa debba essere chiamato con titoli come ‘Santo Padre’, ‘Pontefice Massimo’, ‘Sua Santità’, ecc.? (Leggere: Matt. 23:5-12; Giovanni 17:11). Che il Papa quando parla ex-cattedra sia infallibile? Che la parola ‘Papa’, ‘Pontefice Massimo’, o qualcosa di simile, riferita a Pietro ci sia nella Sacra Scrittura?
Ai colossesi Paolo (1:17-18) dice: “Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui. Egli è il capo del corpo, cioè della chiesa; è lui il principio, il primogenito dai morti, affinché in ogni cosa abbia il primato”. La Chiesa di Dio non ha due Capi, di cui uno in cielo e l’altro sulla terra, o uno invisibile e l’altro visibile, ma uno solo, Gesù Cristo. Egli è in cielo alla destra di Dio Padre, e mediante la fede della Chiesa, sua sposa, e per mezzo del Consolatore (lo Spirito Santo) nel cuore di tutti coloro che lo hanno ricevuto come proprio personale Signore e Salvatore. Egli, secondo le Sacre Scritture, attraverso lo Spirito Santo, si rende presente ovunque vi siano dei credenti che lo invocano: Matt. 18:20.
Mediante lo Spirito Santo Egli governa direttamente. Efesini 5:23-24: “il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della chiesa, lui, che è il Salvatore del corpo. Ora come la chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli devono essere sottomesse ai loro mariti in ogni cosa”. Quindi, come il capo della moglie è uno solo e cioè il marito, così il Capo della Chiesa (che è la moglie di Cristo) è uno solo e cioè Cristo, il suo sposo, e nessun altro. Come una donna sposata con il suo proprio marito non può avere contemporaneamente un secondo uomo come marito (‘come capo’), così la Chiesa di Cristo non può avere all’infuori di Lui un altro, a cui debba essere sottomessa specialmente a un fallace ‘uomo’ (Papa).
Nelle parole: “tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa” c’è forse scritto (o vogliono forse dire) che Pietro dovesse essere il Capo della Chiesa di Cristo? Come Giacobbe fu il capostipite delle dodici tribù d’Israele (suoi figli), Pietro fu la prima pietra viva da fondamenta dell’edificio (Chiesa) di Cristo. Matteo, al capitolo 16:18 del suo vangelo, scrive in greco quanto Gesù disse in aramaico; Simone fu chiamato da Gesù ‘Cefa’ (nome aramaico che significa ‘pietra’, ‘grosso masso’). Gesù probabilmente disse: “tu sei Cefa e su questa Cefa…”.
Matteo riporta la traduzione del nome aramaico ‘Cefa’, in greco, che in questa lingua prende il nome maschile ‘Petros’ (nella prima parte del detto di Gesù) e il femminile ‘petra’ (nella seconda parte), termini greci questi, che significano entrambi: ‘pietra’, ‘grosso masso’, e per concentrare l’attenzione sulla pietra ‘Petros’ scrive proprio: “e su questa pietra”, cioè sulla pietra ‘Petros’ (al maschile), altrimenti avrebbe dovuto scrivere: “e su quella pietra”, se avesse voluto identificare, con il secondo termine ‘pietra’ (‘petra’), la confessione di Pietro (ovvero la Persona di Gesù). Invece dice: “tu sei Petros (‘pietra’ in una forma maschile) e su questa petra (‘pietra’ in una forma al femminile)”, cioè sulla ‘pietra’ che figurava Pietro (ma non solo lui; in seguito lo sarebbero stati anche gli altri apostoli testimoni di Gesù, del suo ministero, della sua crocifissione, resurrezione e ascensione al cielo), Egli avrebbe edificato la sua Chiesa. Infatti, fu per l’opera missionaria degli apostoli, testimoni di Gesù, che ebbe inizio, dopo la Pentecoste, la Chiesa che si sparse per il mondo intero. Gli apostoli, ‘fondamenta”’ chiarirono una volta per tutte (anche attraverso i loro scritti sacri) le verità e le dottrine di Cristo.
RIFLESSIONI SULLA STORIA DEL PAPATO.
Nella storia del Papato ci sono fatti e avvenimenti, direttamente legati alla persona del Papa, scandalosi e raccapriccianti; ci sono stati Papi omosessuali, bisessuali, storie di assassini, storie di sodomie, di sesso sfrenato, di orge, ecc., che hanno spesso accompagnato la storia del Papato, ma ancora più spesso la storia del clero. Questi sono davvero stati Vicari di Cristo in terra? Ci sono stati Papi eletti all’età di diciassette anni, perfino all’età di quindici anni. Papa Giovanni XII all’età di diciassette anni e Papa Benedetto IX all’età di quindici anni, e l’elenco potrebbe continuare. Questi due si comportarono in modo assai immorale.
Ci sono stati cardinali eletti in tenera età; Leone X all’età di tredici anni (che poi divenne Papa), Alessandro Farnese all’età di quindici anni e Guido Ascanio Colonna all’età di sedici anni, entrambi, quest’ultimi due, nipoti di Papa Paolo III, ecc.. Vi furono numerosi Papi che ebbero figli, amanti, qualcuno vendette pure la sua carica papale a un altro per una somma di denaro. Ci sono anche le storie dell’elezione di due Papi in concomitanza e ognuno di questi era riconosciuto da una parte della Chiesa occidentale. Qual era quello vero? E su che criterio si poteva riconoscere il Papa vero dall’antipapa? Gli storici cattolici ammettono e non negano tali evidenze nella storia generale del Papato, la cosa assurda è che i teologi romani sostengono che quantunque indegni e immorali a causa dei loro peccati, quei Papi (che sono numerosissimi) sono pur sempre successori di Pietro.
La cronaca scandalosa dei Papi è infinita, ci vorrebbero interi volumi per raccontarla abbastanza chiaramente e in modo ampio, ma questi pochissimi accenni per un buon cristiano basteranno per avere un’idea della non ispirazione divina riguardo al Papato e non solo. Naturalmente i veri credenti non si dovrebbero basare in alcun modo su tali dati per capire da quale parte sta la verità di Dio; difatti i veri credenti dovrebbero usare esclusivamente la Bibbia per convincersi con certezza qual è la volontà e la verità di Dio. Tali dati, tuttavia, servono per comprendere meglio, una volta compresa la verità, ciò che si è lasciato alle spalle, senza avere alcun minimo rimpianto. Molti di questi Papi immorali e scandalosamente malvagi sono gli stessi che hanno formulato dottrine e dogmi di fede importanti per la Chiesa Romana; inutile dire che al di là di quanto dice la Sacra Scrittura, contraria a moltissime dottrine cattoliche, non vi è ombra di dubbio che se questi Papi hanno sbagliato, nella loro intera vita, la loro condotta morale in modo disastroso, lo stesso hanno potuto fare nel formulare dottrine e dogmi di fede, che poi sono diventati elementi importanti per la Chiesa Romana.
Ai cattolici convinti vorrei chiedere: se foste vissuti, ad esempio, qualche secolo addietro e un vostro caro amico o parente stretto fosse stato messo al rogo, vivo, a bruciare su della legna infuocata, perché trovato semplicemente in possesso di una Bibbia (nella lingua del popolo) o mentre la leggeva e la meditava, ecc., se il Papa di oggi ordinasse ancora guerre e Crociate, assassini (come si è fatto nella storia della Chiesa Romana per lunghissimi secoli), anziché promuovere la pace come fa il Papa odierno, voi sareste scandalizzati o ancora orgogliosi di essere dei cattolici romani?
Il Papa Giovanni Paolo II, il 12 Marzo del 2000, chiese perdono per gli errori commessi dalla Chiesa Romana riguardo all’Inquisizione e alle Crociate, ma non si sarebbe dovuto pensare forse anche di chiedere perdono per gli errori spirituali riguardo alle dottrine e i dogmi di fede errati che ha operato e continua ad operare la Chiesa Romana? Se si è potuto sbagliare nelle opere lo si è potuto fare anche nelle dottrine e nei dogmi di fede; ma ammettere ciò sarebbe estremamente difficile per qualsiasi Papa. La Sacra Scrittura, si oppone ferocemente alla tradizione cattolica romana.
La richiesta di perdono da parte del Papa non ha impiegato un grosso sacrificio, nell’accettazione da parte del popolo cattolico, per il semplice motivo che tali fatti e opere del passato (dei quali la stragrande maggioranza della gente di oggi sa poco o niente) non hanno direttamente interessato i cattolici di oggi.
Nell’epoca odierna siamo abituati a vedere nel Papa, della Chiesa Romana, equilibrio, presenza rassicurante, benevolenza e ‘Santità’, ma non è sempre stato così nella storia della Chiesa Romana, anzi direi che raramente è stato così. Di epoca in epoca, le storie raccapriccianti e scandalose dei Papi si sono succedute.
Il Papa e la Chiesa Cattolica gerarchica, nell’epoca odierna, nel mondo di oggi, pieno di cultura, sono costretti ad assumere un atteggiamento molto diverso, e direi anche finemente costruito. Pensate ai mass-media, alle tv locali, nazionali e internazionali, alle informazioni diffuse in tutto il mondo riguardo al Papa, e così via. In un mondo come quello di oggi, personaggi come il Papa (personaggio mondiale) e l’alto clero si ritrovano a dover affrontare continuamente l’attenzione su di loro del mondo intero, permessa dai mass-media e dall’enorme sviluppo tecnologico.
Oggi si lavora molto anche sul come presentare e costruire alcune situazioni all’interno della Chiesa Romana per far più colpo agli occhi del mondo, il quale oggi, a differenza di qualche decennio fa, può finanche seguire ‘in diretta’ la situazione del Vaticano e del clero a livello internazionale. Non è stato però sempre così. Prima, un Papa, gli ecclesiastici di alto livello, e non solo, potevano fare molte cose ignobili all’insaputa di molti; non c’era la tv, non c’erano i mass media (parlo soprattutto del Medioevo) e quant’altro che potevano far risuonare le loro cupidigie al mondo intero.
Oggi simili metodi e fatti, da parte della Chiesa Romana, tuonerebbero nel mondo intero e ciò nuocerebbe irrevocabilmente e per sempre la Chiesa Romana. Bisognerebbe capire se tale Chiesa è cambiata di suo, riguardo ai metodi passati (Crociate, Inquisizioni, proibizioni, violazioni di leggere la Bibbia, torture, roghi, pena di morte), o è il mondo di oggi che ha imposto a essa un cambiamento precoce e in apparenza ‘positivo’, più permissivo e liberale, o se dipende anche in parte dal fatto che essa non ha più il potere politico-militare di una volta.
È altresì chiaro che tutto ciò è apparenza; il cuore della Chiesa Romana è rimasto e rimarrà lo stesso, sono cambiate solo le sue gesta e i suoi atteggiamenti, ma il suo cuore è sempre malvagio e antibiblico. C’è un detto che per certi versi non sbaglia e che suona così: “Il lupo perde il pelo ma non il vizio”.
La Chiesa Romana, dichiarandosi infallibile nelle verità dottrinali, nei dogmi di fede e nelle decisioni emanate, non può e non vuole ritirare quanto è stato deciso nei vari Concili e dai vari Papi ‘infallibili’ del passato. Essa è, a causa della sua cupidigia, pesantemente incatenata al suo stesso male da cui mai si potrà liberare. Nella pratica non esistono più tali metodi, ma nella teoria le decisioni ‘infallibili’ conciliari e papali, che hanno deciso tali metodi continuano ad essere parte della Chiesa Romana, della sua natura, della sua essenza e della sua storia e sempre lo saranno.
La Chiesa Romana crede di essere il corpo ‘fisico’ di Gesù, ma non sa che, secondo le sacre Scritture, sulla terra, finché il tempo non giungerà (al ritorno di Cristo), esiste ed esisterà solo il corpo spirituale di Gesù, con a capo l’invisibile Cristo alla destra del Padre suo, che lo guida potentemente per mezzo dello Spirito Santo.
La Chiesa di Cristo è universale, e comprende ogni credente rigenerato, sparso nel mondo, e non ha o porta con sé un’etichetta umana come: ‘Chiesa Cattolica Romana’, ma è spirituale.
Finché si continuerà a credere che la Chiesa Romana sia il corpo ‘fisico’ di Gesù, essa non rinnegherà mai la sua fasulla infallibilità che è cosa spaventosamente anticristiana.
Il libro della Catechesi cattolica è un insieme di dottrine e dogmi di fede per la maggior parte, sia nell’esposizione, sia nel fondamento, pieni di puerilità, e di pensiero umano antibiblico e anti-Dio. Anche se finemente esposti, un vero credente, il quale sia conoscitore delle Sacre Scritture, non troverà alcun problema nello smascherare l’ingegno menzognero ivi usato.
***
Per altre riflessioni clicca qui.
Altre Riflessioni sul tema ‘Chiesa Cattolica Romana’:
Riflessioni – Chiesa Cattolica Romana (Parte II) – Idolatria e culto dei santi…
Riflessioni – Chiesa Cattolica Romana (Parte III) – I falsi miracoli…
Riflessioni – Chiesa Cattolica Romana (Parte IV) – Il culto alla Madonna (‘Madre di Dio’).
Riflessioni – Chiesa Cattolica Romana (Parte V) – Santa Cena del Signore o Eucaristia?
Riflessioni – Chiesa Cattolica Romana (Parte VIII) – Il purgatorio…
***
Per sostenere il mio blog potrai:
–acquistare uno dei miei libri su:
Amazon (ebook e cartaceo); Play store (ebook); IBS (ebook); Mondadori (ebook); La Feltrinelli (ebook), ecc.







-e/o effettuare una donazione con una ricarica sulla mia carta POSTEPAY n. 4023601005495395 indicando come beneficiario: “Stefano Ligorio” e come causale: “donazione volontaria”.
***
Qualunque cosa, in tal senso, tu decida di fare ti esprimo, in ogni caso, il mio sincero ringraziamento per essere passato da qui.
***
N.B. Stefano Ligorio è anche autore di un libro dal titolo: ‘IL RISARCIMENTO NEL PROCESSO CIVILE -errori da evitare, e rimedi esperibili– (Guida Pratica alla luce del Codice Civile, del Codice di Procedura Civile, e della Giurisprudenza in materia)’.
N.B. Stefano Ligorio, in ambito di tematiche mediche, è anche autore di un libro dal titolo: ‘La Strana Malattia: Come prevenire, diagnosticare, e curare, l’ansia (ansia sociale, ansia generalizzata e ansia somatizzata) e la depressione (depressione maggiore e depressione cronica -distimia)’, ma anche di: ‘Il Cancro -Vademecum- (Guida Pratica alla Prevenzione e alla Cura del Tumore Maligno)’.
N.B. Stefano Ligorio è anche autore di alcuni libri di Aforismi, Riflessioni e Poesie: ‘Aforismi e Riflessioni’ – ‘AFORISMI (raccolta) di Stefano Ligorio’ – ‘POESIE (raccolta) di Stefano Ligorio’ – ‘RIFLESSIONI (raccolta) di Stefano Ligorio’.
6 pensieri riguardo “Riflessioni – Chiesa Cattolica Romana (Parte VII) – Il papato…”
I commenti sono chiusi.