Le conseguenze della ‘colpa grave’ e/o ‘malafede’ -ex art. 96 c.p.c.-, di una parte, nel processo civile.

In sede di udienza per la precisazione delle conclusioni si potrà avanzare la domanda per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. (e/o integrare la domanda risarcitoria, nel caso sia l’attore ad avanzarla) contro la parte che abbia agito e/o resistito, in giudizio, in evidente ‘colpa grave‘ e/o ‘malafede‘, deducendo (oltre a ciò che può essere presunto con la comune esperienza in materia di conseguente danno esistenziale) anche l’eventuale specifica -negativa- portata psicologica-esistenziale (con l’allegazione di relativi certificati medici e altro di inerente) che subire e contrastare tutte le, eventuali, dichiarazioni gravemente e reiteratamente non veritiere della parte avversaria abbia comportato (ad es. in forza delle impegnative indagini deduttive e documentali, eventualmente, necessitatesi a fronte dell’opera non veritiera costruita dalla parte avversaria…).
La domanda risarcitoria/sanzionatoria ex art. 96 c.p.c., contro la parte avversa che abbia iniziato o resistito in un processo civile con colpa grave e/o malafede, è svincolata dalle preclusioni assertive operanti nel giudizio di cognizione, in quanto diretta a far valere le conseguenze derivanti dalla risoluzione della controversia, concretizza, infatti, una mera integrazione della originaria domanda formulata dalla parte, e non determina alcuna alterazione del thema decidendum della lite, potendo, dunque, essere avanzata per la prima volta, o aumentata, sino all’udienza di precisazione delle conclusioni (Cass. n.15964/2009; Cass. n.3941/2002; Corte App. Roma 26.1.2009; Trib. Roma 4.9.2009).
Tale violazione, infatti, si concretizza in uno scorretto esercizio del diritto di agire o di resistere in giudizio, che certamente può realizzarsi solo con il compimento di tutti gli atti che compongono il procedimento di cognizione, in quanto la parte istante è in grado di valutarne la fondatezza, e la portata, solo al termine della fase istruttoria.
Tutta la giurisprudenza di merito e di legittimità è unanime nel dichiarare che la condanna ex art. 96 c.p.c. vada diligentemente valutata, da parte del giudicante, a fronte della specifica gravità, e del reitero, della malafede e colpa grave messe in atto durante il processo civile.
Ai sensi dell’art. 96 c.p.c. co. 1 si può chiedere il danno morale-esistenziale.
Ai sensi dell’art. 96 c.p.c. co. 3 si può chiedere la condanna ad una sanzione.
In merito alla portata della sanzione ai sensi del co. 3 dell’ex art. 96 c.p.c. si veda:
Tribunale di Milano, 25-11-2014, dott. Marcello Piscopo (condanna al quadruplo delle spese di lite -ex art. 6 c.p.c.-);
Tribunale di Padova, sentenza del 10-03-2015, Giudice, dott. Bertola (condanna al quintuplo delle spese di lite -ex art. 96 c.p.c.); Cass. Sez. VI -, ordinanza n. 21570 del 30-11-2012.
Chi scrive ritiene che la disposizione al co. 1 e co. 3, del citato art. 96 c.p.c., sia un ottimo deterrente, studiato dal legislatore, al fine di limitare le iniziative temerarie nel processo civile, tuttavia si osserva, nella pratica, una non corretta, e una poco frequente, applicazione da parte dei giudici, per cui l’auspicio è che in futuro, a tal fine, tale dispositivo trovi una maggiore e una più precisa applicazione.
A tal riguardo sorge anche la precisa necessità di una più attenta e puntuale formulazione -da parte del legale della parte che abbia, in tal senso, fondato interesse- nell’avanzare la domanda per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. non risparmiandosi, minimamente, nell’esposizione specifica delle oggettive deduzioni di merito.
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N.B. Stefano Ligorio è anche autore di un libro dal titolo: ‘IL RISARCIMENTO NEL PROCESSO CIVILE -errori da evitare, e rimedi esperibili– (Guida Pratica alla luce del Codice Civile, del Codice di Procedura Civile, e della Giurisprudenza in materia)’.
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