Legge e Diritto – L’atto di citazione -art. 163 c.p.c.- nel processo civile.

L’atto di citazione.

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L’atto di citazione -art. 163 c.p.c.- nel processo civile.

Nell’atto di citazione, di un processo civile -art. 163 c.p.c.-, l’avvocato diligente, oltre a dover fare molta attenzione nell’esporre quanto previsto dal co. 3, dell’art. 163 c.p.c., ai n. 1, 2, 6 e 7, deve soprattutto, quanto più compiutamente possibile, ivi ‘cristallizzarvi’ i fondamentali elementi costitutivi, ovvero il ‘petitum‘ e la ‘causa petendi‘ (di cui ai n. 3 e 4 sempre del citato co. 3 -art. 163 c.p.c.-; mentre l’indicazione dei mezzi di prova, di cui al n. 5, può avvenire, invece, anche in un secondo momento, dato che le parti possono produrre documenti e chiedere mezzi istruttori, non proposti negli atti introduttivi, nei termini indicati dall’ex art. 183 co. 6 c.p.c.).

N.B. Il ‘petitum’ è la somma richiesta a titolo di risarcimento, mentre la ‘causa petendi’ rappresenta le ragioni in fatto e in diritto dell’azione proposta.

Si pensi all’atto di citazione come a un contratto in cui, oltre a trascrivere i dati delle parti, si ‘cristallizzano’ tutte le ragioni e tutte le condizioni.

Del tutto similmente, un atto di citazione è un documento in cui, oltre a dover trascrivere i dati delle parti, vanno precisamente esposti tutte le ragioni, le richieste, e le motivazioni in essere, della citazione.

In merito proprio a questo originario e fondamentale atto, frequentemente, si assiste, invece, ad una formulazione, da parte di alcuni avvocati, alquanto stringata, e povera di deduzioni in ordine agli elementi costitutivi, ovvero il petitum’ e la causa petendi’.

Si pone, comunemente, molta attenzione agli elementi che potrebbero rendere inammissibile l’atto di citazione (co. 3, n. 1, 2, 6, e 7), ma non di rado, si assiste, tuttavia, a una trascuratezza, con evidente superficialità e negligenza, nell’esporre gli elementi costitutivi (petitum e causa petendi) del contendere.

Questo può, molto spesso, comportare enormi difficoltà alla parte attrice, in quanto resterà per sempre ‘vincolata’ a quanto, in ordine agli elementi costitutivi, esposto nel proprio atto introduttivo del giudizio.

Non avere ben chiare, sin da subito, queste possibili future complicanze è pura negligenza.

Difatti, un avvocato diligente, prima di redigere un atto di citazione, dovrebbe studiarsi con molta attenzione i documenti e il ‘racconto’ proposti dal proprio cliente -attore-, perché solo così potrà congruamente esporre, sin dall’atto introduttivo, tutte le puntuali, corrette, e precise ragioni, richieste, e motivazioni, della sua volontà del contendere nei confronti della parte avversaria.

Personalmente ho avuto modo di rilevare atti introduttivi stringatissimi, di appena due-tre pagine; sono anche a conoscenza di atti di citazione in cui il petitum era del tutto scarsamente argomentato, perfino auto-limitandosi, nella richiesta stessa, con una superficiale domanda di riconoscimento di un solo danno (senza tener presente, con diligenza, che nel novero vi dovevano rientrare, sin da subito, ‘finanche solo in via prudenziale’, anche altri).

Alcuni, invece, per non rischiare di auto-limitarsi nelle richieste, e non avendo ben chiaro sin da subito l’entità qualitativa del petitum (oltre che quantitativa), adottano, semplicisticamente, una mera formula ‘tutti i danni subiti e subendi‘, mera formula che da sola, certamente, può andare bene nelle ivi conclusioni (e che associata alle richieste specifiche dev’essere sempre usata), ma non nella narrativa dell’atto, in cui, al contrario, dovrebbero essere passati in esame -nei limiti del possibile- (specie nel caso si tratti di mero danno permanente istantaneo e, dunque, non in evoluzione) uno a uno e con compiutezza.

Allo stesso modo si possono rilevare atti introduttivi in cui le ragioni del contendere –causa petendi– sono formulate con una tale assenza di precisione e correlazione che fanno rabbrividire.

L'atto di citazione -art. 163 c.p.c.- nel processo civile. Stefano Ligorio
L’atto di citazione -art. 163 c.p.c.- nel processo civile.

“Il lavoro di avvocato dovrebbe -tassativamente- essere sempre svolto

con dignità, onestà, competenza e diligenza;

esso è un mestiere che esige abilità intellettive di rilievo

e particolare prudenza e diligenza.

Non è, dunque, un lavoro che può fare chiunque!!!”.

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Il libro di Stefano Ligorio: ‘IL RISARCIMENTO NEL PROCESSO CIVILE -errori da evitare, e rimedi esperibili- (Guida Pratica alla luce del Codice Civile, del Codice di Procedura Civile, e della Giurisprudenza in materia)’.

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N.B. Stefano Ligorio è anche autore di un libro dal titolo: ‘IL RISARCIMENTO NEL PROCESSO CIVILE -errori da evitare, e rimedi esperibili– (Guida Pratica alla luce del Codice Civile, del Codice di Procedura Civile, e della Giurisprudenza in materia)’.

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